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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Naruto
Titolo Fanfic: CHISSà CHI SEI
Genere: Sentimentale, Romantico, Drammatico, Erotico, Dark, Introspettivo
Rating: Vietato Minori 18 anni
Avviso: AU, Lemon, Shounen Ai, Yaoi
Autore: bebedb galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 31/12/2023 17:54:48 (ultimo inserimento: 14/01/24)

SasuIta; Sasuke x Itachi Modern AU. Itachi e Sasuke si incontrano senza sapere di essere fratelli,
 
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CHISSà CHI SEI
- Capitolo 1° -

Il vuoto. Impossibile spiegarlo a qualcuno, risalire alla sua origine o a una causa scatenante. Sasuke c’è nato, è cresciuto con lui. Ha provato a lenirlo con sesso e violenza, si è illuso che il denaro potesse comprare le mancanze che prova, ha permesso a Madara di riempirlo con la sua boria, tuttavia non è bastato.
Di cosa Sasuke sente la mancanza? Non lo sa.
È assenza pura e semplice, nostalgia di qualcuno che non ha nome e volto, malinconia per epoche e situazioni mai vissute.
Forse è la somma di tante piccole offese scontratesi con una persona particolarmente sensibile e già provata dal dolore.
Sasuke è schiacciato dalla deprivazione dei sentimenti. Cos’è l’amore? Aveva mai avuto un vero amico?
Adesso, ancora meno di prima, nessuno sa niente dell’altro perché -cosa penserà la gente- e -dobbiamo fare buon viso per tenerci stretta la fortuna offertaci da Madara-.
La Doors ha peggiorato il brutto vizio di far sparire l’anima già radicato in famiglia.
Le emozioni di Sasuke sono state sempre un fastidio, soprattutto quelle negative, ogni volta che si era azzardato a piangere il papà aveva sbuffato, a volte lo aveva strattonato e scosso intimandogli farla finita senza neanche ascoltarlo.
Ogni volta che aveva provato a raccontare un problema alla mamma, era stata lei a scoppiare in lacrime, nei casi peggiori si era lamentata col papà e Sasuke si era ritrovato le gambe piene di lividi a forma di mestolo.
Sasuke ha imparato presto a tenersi le emozioni per sé, è stato necessario per sopravvivere.
Anche ora Sasuke si vergogna quando un sentimento prova a fargli capolino nel cuore, non deve, significa essere debole e indegno.
Come tutti i ragazzi, finché era stato giovane Sasuke si era sentito pieno di risorse. Pensava ancora che una soluzione fosse possibile e lottava per trovarla. Si sforzava di vedere il buono affogato nel marciume della famiglia disfunzionale.
Forse una volta era stato diverso, meno febbrile, il velo di follia era ancora potenzialmente reversibile, ecco che Madara era sembrato la soluzione. Il cugino maggiore che Sasuke aveva desiderato e ammirato sin da piccolo.
Ma si sa, verso i trent’anni è normale smettere di sperare, di credere alle favole e finalmente gli occhi si aprono. Piattezza e finzione si fanno sempre più pesanti. Sebbene fatichi ad ammetterlo, Sasuke sa che sta per cedere, cerca di evadere dall’insoddisfazione che respira ogni giorno.
No, Madara non basta più, forse non ha mai meritato tutta la sua ammirazione. Sasuke non sopporta più di vedere l’intera famiglia annullarsi e rinunciare alla personalità per farsi avvolgere dalle spire della Doors, fa male, i loro occhi spenti sono coltelli. Sono senza speranza, il denaro non colmerà mai i loro gusci vuoti e affettivi.
Sasuke brama ancora qualcosa, un’emozione di cui non debba vergognarsi, una scintilla con cui accendersi il cuore per distinguersi dalla massa di zombie che ha intorno. E la cerca lontano da Madara, quando lui non vede e lo crede nel suo letto a riposare. È stufo della finzione e di chiedersi cosa pensi Madara di ogni sua azione.
La notte Sasuke scivola per le strade armato di macchina fotografica. Predilige i vicoli sporchi e puzzolenti di piscio, sa che in quegli spazi ricavati unicamente per accogliere gatti randagi, muri scarabocchiati e cassonetti, si nascondono sentimenti autentici, vissuti e lottai.
Tutto quello che a lui è sempre stato negato.
Non sa bene cosa cerca, Sasuke, non ha mai imparato come chiamare emozioni e sentimenti. Immortala la vita degli altri, gli album che crea sono le favole che finalmente gli permettono di fantasticare. Personaggi con una vita difficile, ma vera.
Sasuke va lì con il dolcevita blu scuro di cashmere, mocassini di pelle e capelli freschi di parrucchiere. Sa di essere stonato, ma non conosce altro modo di uscire di casa.
Nell’armadio non ha più gli stracci di quando era ragazzo. A volte si sorprende a rimpiangerli, ogni capo era stato desiderato e l’attesa… gustosa.
Poi, senza aspettarselo, Sasuke lo vede.
Niente avverte mai quando ha intenzione di arrivare, ai cambiamenti non interessa andare a sconvolgere la vita di chi è già preparato psicologicamente. No, più le acque da rimescolare sono luride e stagnanti, meglio è.
Abita al piano terra, ma sembrava non avere il pavimento sotto i piedi. Si muove allo stesso livello della strada, solo un sottile strato di mattoni e intonaco lo separa da Sasuke. Le finestre ampie, basse, senza persiane e tende, permettono a Sasuke di seguire i suoi movimenti da una stanza all’altra.
L’appartamento è modesto, l’intonaco azzurro è scrostato, ma senza tracce di muffa o sporco. Lampadine a incandescenza pendono spoglie dal soffitto ancorate al solo cavo elettrico, Sasuke sente le pupille dilatarsi non abituate alla luce fioca e giallognola da pochi watt.
Gli scarsi mobili sono di legno scadente e costruiti a mano, contorti, pieni di nodi, il coppale è qualcosa di superfluo.
L’altro si siede e Sasuke lo perde di vista, però inizia a sentire l'ipnotico borbottio di una macchina da cucire. Suono inconfondibile, la mamma ora torna a casa con buste di vestiti più grandi di lei ogni volta che esce, ma il su e giù dell’ago aveva scandito quasi tutte le serate dell’infanzia.
Risvegliatosi dalla specie di trance in cui è caduto, Sasuke realizza di aver commesso un crimine non fotografando quell’uomo. Nessuno sarebbe mai potuto essere più elegante in quella modesta semplicità, gli incravattai e le ingioiellate che presenziano alle riunioni di Madara possono solo inchinarsi davanti a colui che Sasuke ha appena visto.
Sottile, flessuoso, pur non essendo molto alto ha il corpo slanciato. Addosso solo leggins neri invernali e una felpa dello stesso colore. Sasuke non ha mai visto una pelle di porcellana come quella, neanche dei capelli così lisci, sebbene siano neri, la tonalità è diversa dalla felpa. Ha il profilo del naso perfetto.
Sasuke si avvicina alla porta scrostata, è marrone ma la precedente vernice celeste affiora dai riccioli che si alzano cotti dal sole. Sasuke deve averlo, ha bisogno di carpire la sua immagine.
Non c’è il campanello, Sasuke bussa senza pensare. La macchina da cucire non si ferma, forse ha coperto il suono delle nocche. Il portone non è chiuso a chiave, Sasuke lo capisce dalla fessura troppo larga che il legno malconcio non occlude bene, prova a spingerlo e si apre.
Sasuke sbuca in salotto. Un caminetto dai mattoni refrattari scheggiati è acceso. Il divano da tre posti è direzionato verso un piccolo televisore, la grezza stoffa verde è lisa in diversi punti su braccioli e seduta, un soffice tappeto arancione sbiadito sta lì per proteggere i piedi dalle mattonelle in travertino levigate dagli anni come ciottoli in un fiume.
Accanto al televisore, una radio vecchia di almeno vent’anni. La credenza, con solo qualche piatto all’interno, sembra voler rilasciare schegge al minimo tocco; il tavolo e le due sedie sono dello stesso materiale.
Tutto immacolato e profumato di pulito.
Sasuke si schiarisce forte la gola e la macchina da cucire finalmente si ferma. Lui appare da una porta in fondo alla stanza, si avvicina lento, silenzioso, per niente turbato dalla presenza di un estraneo.
Sasuke trema.
“Ehm…” ormai lo ha davanti, si perde nella straordinaria lunghezza delle ciglia e nell’ossidiana degli occhi “Ho avuto un guasto alla macchina e ho il cellulare scarico.”
L’uomo accenna un sorriso, Sasuke immagina le sue labbra di una morbidezza disarmante: “Il mondo di oggi dipende tutto da quella scatoletta. Io non posso permettermi l’abbonamento, spero che un vecchio telefono fisso vada bene lo stesso.”
“Ma certo.”
“Vieni” la voce dell’uomo accarezza Sasuke con un soffio leggero.
Sasuke lo segue, passano davanti alla stanza dove lui cuciva. Sono costumi teatrali o qualcosa del genere, una gonna tempestata di lustrini ferisce gli occhi di Sasuke.
Il telefono fisso è sul comodino della camera, un vecchio modello col disco. Sasuke vede solo il letto in ferro battuto e un piccolo armadio, quell’uomo non deve avere molti vestiti. La stanza è piccola, fredda, probabilmente il camino in salotto è l’unica fonte di riscaldamento. Quella è la sola finestra oscurata da una pesante tenda a fiori.
“Grazie” Sasuke si siede sul letto in attesa che l’altro lo lasci solo.
La macchina da cucire riparte. Naturalmente Sasuke non deve fare nessuna chiamata, accarezza la macchina fotografica appesa al suo collo mentre cerca di elaborare una scusa per usarla.
Di nuovo silenzio, quanto tempo è passato? Sasuke si irrigidisce. Tende le orecchie per capire cosa faccia l’altro, forse deve solo andare in bagno.
Niente, silenzio di tomba. Ma come diavolo è possibile esistere senza produrre suoni?
Sasuke sobbalza al socchiudersi lento della porta.
“Hai trovato qualcuno?” l’uomo fa capolino senza entrare, Sasuke non è avvezzo a tanta discrezione e delicatezza.
“Sì, a posto” Sasuke scatta in piedi “Viene a prendermi mio padre tra un’ora.”
Un’ora. Basta per aggiungere quella meraviglia al suo album?
“Hai fame? Aspettami in salotto, ti preparo qualcosa.”
Dannazione, un angelo. Sasuke sente di non meritare tutti questi riguardi. Insomma, gli è piombato in casa all’improvviso e senza neanche presentarsi.
Le dita accarezzano ancora la macchina fotografica mentre Sasuke si lascia abbagliare dalle fiamme del camino, quella creatura va ricordata per sempre.
Sasuke si accorge di lui solo grazie al lieve affondarsi del divano. Gli siede accanto e gli porge un vassoio di crostini con maionese e sottaceti. Li ha confezionati col poco che ha in casa, ma ci ha messo il cuore. Solo ora Sasuke nota lo smalto viola che gli rende ancora più eleganti le mani affusolate.
“Grazie” Sasuke afferra un crostino con le dita tremanti.
La maionese è fatta in casa. Da anni Sasuke non sente quel sapore, da quando la famiglia è diventata benestante e la mamma non fa più niente a mano. Però… diamine, la maionese è proprio identica a quella che faceva la mamma.
“Se hai qualche problema puoi parlarmene” dopo aver preso a sua volta un crostino, l’uomo posa il vassoio sul piccolo tavolo di plastica che hanno davanti. Guarda Sasuke conciliante, il sospiro che esala non è nient’altro che comprensione “Non voglio sapere il tuo nome o dove abiti.”
“Non ho nessun problema” dopo il primo morso, Sasuke posa il crostino per non strozzarsi, sente tremare persino lo stomaco di brividi simili al freddo “Come ti viene in mente?”
“Solo gli abiti che hai addosso rappresentano quello che io guadagno in quattro mesi, questo gioiello di elettronica conclude l’anno” i bellissimi occhi dell’uomo si posano un istante sulla macchina fotografica, poi tornano dolci sul viso di Sasuke “Cosa cerca uno come te tra questi vicoli in piena notte?”
“Te l’ho detto, mi si è rotta la macchina e ho il cellulare inservibile” Sasuke assottiglia gli occhi e stringe le labbra, non può evitare il vento gelido delle parole.
“Non lo sai che un telefono fisso costa più di un abbonamento oggigiorno? Quello che hai visto di là è un pezzo d’antiquariato. Un ricordo con valore affettivo, mia nonna lo usava ogni sera per sentire la mia voce quando ero bambino.”
Incredibile come quell’uomo riuscisse a essere sfrontato pur mantenendo l’allettante gentilezza. Sasuke vorrebbe balzare in piedi, infilare la porta, sbatacchiarla e non tornare mai più, al diavolo l’album. Ma qualcosa lo inchioda al divano.
Ancora un sospiro impercettibile e comprensivo: “Sei annoiato, vero? Schiacciato dalla voragine di vuoto che hai intorno, la gabbia dorata in cui ti hanno rinchiuso ti impedisce di esprimerti. Puoi dirmi tutto quello che vuoi, davvero. Ti ascolto volentieri.”
L’uomo raccoglie il vassoio e si alza per andarsene, mossa strategica: sta lasciando solo Sasuke per invitarlo a riflettere.
Stavolta Sasuke si mette in piedi; ferito nell'orgoglio e nei più reconditi segreti, con la scottatura della bugia della finta telefonata scoperta e più bruciante che mai, si sfila la macchina fotografica e agguanta l’uomo dalla lunga coda che gli ricade in mezzo alla schiena. Lo odia, ma ne è attratto spietatamente. Non è come Madara, pronto a fare sfoggio e abuso del suo potere; questo è subdolo, può ammazzare usando un petalo di rosa.
Sasuke si sente violato, tradito da quelle emozioni che ora gli stanno salendo nella gola e che non riesce a mandare giù. Quell’uomo gli ha fatto l’affronto di risvegliarle per metterlo in difficoltà.
Ma Sasuke non vuole avere niente a che fare con le emozioni così gli tira i capelli per adagiarselo sul corpo, l’altro si fa voltare.
Nonostante Sasuke lo trafigga con lo sguardo, non riesce a leggergli l’anima come lui ha appena fatto, questo lo fa schiumare di rabbia. Quell’uomo è su un gradino per lui impossibile da salire.
Sasuke gli ghermisce con forza la via, l’altro è più esile di lui e un poco più basso. Sasuke lo afferra da una coscia e lo solleva, non pesa nulla. Lo sbatte di schiena sul divano e gli si sdraia sopra.
Sì, Sasuke è schiacciato dal vuoto e dalla deprivazione dei sentimenti.
Quell’uomo non ha un telefono e gridare aiuto in quelle strade desolate è uno spreco di tempo, serra solo gli occhi mentre Sasuke gli sfila calzoni e boxer; non si irrigidisce all'apertura della lampo della felpa. Non ha niente sotto, Sasuke è ipnotizzato da pelle bianca e clavicole sporgenti, ci passa sopra i polpastrelli, la collana che porta è un pezzo di bigiotteria con tre cerchietti d’acciaio, ma lui riesce a renderla perfetta. Le ossa del bacino sporgono come lame, l’unico movimento dell’uomo è il ventre che segue il respiro affannoso. Forse ha paura, ma non trema.
I pettorali sono appena accennati, così come i muscoli delle spalle, una perfezione delicata e mai vista. Lui non può permettersi ore di palestra come fa Madara.
Sasuke è interdetto per il fascino suscitatogli da qualcuno così diverso da Madara. Si blocca con gli occhi sgranati, la sensazione di tradire sia se stesso che Madara lo gela.
Ma sono idee e gusti, nella vita possono sempre cambiare.
Poi Sasuke si spoglia senza staccare lo sguardo dall’altro, gli occhi sempre chiusi, le ciglia gli sfiorano gli zigomi. Ha le fosse orbitarie marcate, è nato così e forse si sono accentuate a causa di fame e sofferenze, ma lui non usa il piccolo difetto da cavallo di battaglia come fa Madara.
Quell’uomo non ama attirare l’attenzione, succede suo malgrado.
Sasuke trema, anche lui è caduto in una di quelle reti che l’altro odia lanciare e per questo si sente orribile.
Troppo tardi perché gli scrupoli attecchiscano, Sasuke rannicchia le gambe sotto il sedere, raddrizza il busto. L’uomo lo lascia fare mentre gli accarezza le cosce snelle, Sasuke gli sfiora i peli pubici, sono soffici, il sesso è morbido a dispetto del suo ormai così teso da fare male.
L’altro porta lo smalto viola anche sui piedi, impeccabile, come il pulito in quella catapecchia. Anche i suoi piedi sono eleganti, le vene sporgenti che li attraversano scompaiono alle caviglie sottili.
Non si muove mentre Sasuke gli solleva le gambe per appoggiarsele sulle spalle, quasi sobbalza alla levigatezza della pelle tiepida e senza un pelo. L’uomo non fiata sentendosi abbrancare i glutei, è davvero lì per Sasuke, per ascoltarlo. Come ha detto prima.
Sasuke gli fissa le natiche, sono perfette, piccole, sode e leggermente squadrate. Il solchi che si formano alla base delle cosce lo fanno uscire di testa.
La ragione ormai vacilla, Sasuke riesce solo a processare il desiderio di sentire quelle natiche, pretende quel corpo. Le sue mani si riempiono bramose dei glutei bianchi, Sasuke li solleva per adagiarseli in grembo, niente gli si è mai incastrato così bene con la curva del pube.
La pelle dell’uomo gli sfiora la punta del sesso, è umido e ci rimane incollato per un istante. Il distacco manda una scarica di piacere a Sasuke, muove il bacino, getta la testa all’indietro esponendo le vene gonfie del collo.
Sasuke non ha mai provato niente di simile, nemmeno con Madara.
La sua prima volta è stata uno schifo, ha perso la verginità in modo indegno.
Non è giusto.
Sasuke afferra più saldo le cosce dell’uomo, deve sollevarlo ancora per penetrarlo. Una carne tenera, bollente, Sasuke ci sprofonda nel mezzo, in profondità, finché non sente di nuovo il peso delle natiche dell’altro sul bassoventre.
Lo lascia fare, non si muove. Sasuke gli ghermisce i fianchi mentre si fa strada dentro il suo corpo. Ansima, grugnisce. Ora si sente vivo davvero, per la prima volta, a trent'anni in casa di uno sconosciuto. Anche sesso, ammirazione e attrazione erano stati falsi con Madara.
Sasuke ne ha avuti tanti di orgasmi nella vita e non solo con Madara, ma erano stati piatti come il deserto emotivo in cui vive.
“Scusa” Sasuke è schiacciato dalla ragione che torna limpida. Si riveste tremante, solo adesso vede cosa ha appena fatto.
L’altro resta immobile, sdraiato con gli occhi chiusi.
Sasuke vorrebbe scuoterlo, prenderlo a schiaffi affinché lo ascolti, quello che deve dire è importante, dannazione. È la verità. Ma ora ha paura di toccarlo, teme di romperlo visto che già lo ha incrinato abbastanza.
Ha paura di se stesso, Sasuke. Di quelle emozioni che non sono morte e che ora gridano riscatto per essere state ignorate.
“Mi dispiace… davvero” la voce che sente non è la sua.
Nessuna reazione mentre recupera la macchina fotografica e la faccia gli si riga di lacrime.
Sasuke scappa, non sopporta più la vista di quel corpo immobile. Forse lo ha ucciso.
“Scusa!” il grido è rivolto al portone scrostato, ma rimbalza tra le mura ammuffite della strada deserta, si perde tra i vicoli dove la gente di notte preferisce non passare.
Non si affacciano nemmeno alle finestre.
Sasuke corre senza una meta, l’unico scopo è lasciarsi alle spalle quello che ha appena fatto. Svolta nelle strade solo per non spiaccicarsi sui muri dei palazzi. Non sa dove si trova, ha perso l’orientamento, il suo respiro rimbomba sulle pareti. Il petto gli fa male, i polmoni gli bruciano, digrigna i denti come un cane rabbioso e accetta il rischio di svenire per lo sfinimento.
Non ha importanza, si odia, il male che si infligge è troppo poco.
Rabbia, contro se stesso e chi l’ha messo al mondo senza insegnargli a vivere.
Sasuke non sa amare, non lo ha mai fatto davvero e nessuno gli ha mai spiegato come e dove mettere le mani. Per certe cose i manuali d'istruzioni non esistono, i genitori che non accudiscono emotivamente i propri figli ne fanno dei miserabili senza rimedio.
Sebbene Madara lo abbia solo usato e illuso, è l’unica realtà che Sasuke conosce e in cui riesce a muoversi senza sbagliare.
Sasuke si ferma, guarda le poche stelle che si salvano dalla luce malaticcia del lampioni. Il posto nel mondo ce l’ha, ci tornerà dopo essersi calmato.


 
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