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Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: I GIORNI PIÙ OSCURI
Genere:
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: ephram galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 10/12/2022 22:00:34

La necessità di qualcuno accanto in un esistenza solitaria, anni dopo che le luci si sono spente per sempre.
 
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- Capitolo 1° -

Correvo nel freddo vento autunnale con il vapore del mio respiro che si condensava attraverso le mie labbra tagliate dall'aria secca.
Lo facevo ogni giorno, era una delle cose che più mi faceva sentire viva.
Mi fermai a prendere fiato in una breve pausa lungo i bordi della strada deserta, e mentre cercavo di regolarizzare il mio respiro guardai in lontananza le cime innevate di fresco delle montagne.
Ero circondata dal bosco di pini attraversato dalla vecchia strada abbandonata che conduceva alla cittadina rurale di Fossil che prendeva il nome da uno dei più grandi giacimenti di fossili del North America, ormai ridotta ad un piccolo insediamento quasi del tutto abbandonato e infestato dall'avanzare della vegetazione e della pineta.
Ogni giorno dopo la scuola, prima che il sole stantio classe dietro le cime innevate delle montagne, facevo un po di corse lungo questa strada dell'asfalto sgretolato perennemente deserta, un tempo al contrario una scorciatoia molto praticata.
Ero al terzo anno della Marquette High School, una scuola che pur avendo mantenuto lo stesso nome era solo un centro di educazione per ragazzi su quanto di utile da insegnare ci era rimasto ancora a disposizione.
Non avevo molte amiche, anche se ad essere onesto non è che ci fossero poi molte persone a Fossil, di conseguenza passavo metà del mio tempo con quelle poche amiche che avevo, l'altra metà per conto mio.
Diedi un calcio ai rottami di un drone da prato immezzo la strada e ripresi a correre in direzione opposta.
Sophie Ogden, questo era il mio nome.
Avevo diciassette anni, non troppo alta, esile, occhi castano chiaro, il viso coperto di lentiggini e lunghi capelli biondo scuro, legati il più delle volte in una coda.
L'unica cosa di cui ero sicura era che rispetto a molti della mia età avevo gambe molto più forti e allenate.
Inspirando aria gelida ed espirando folate di vapore, mentre correvo vidi con la coda dell'occhio lungo il bordo della strada le vecchie carcasse arrugginite di auto abbandonate da più di un decennio, ormai parzialmente consumate dalle intemperie e diventate persino nidi di animali selvatici, come i roditori, oppure terreno di conquista della vegetazione come i rampicanti.
Quel giorno faceva più freddo del solito, forse perché ero uscita tardi e il sole all'orizzonte stava già tramontado, allungando le ombre degli alberi che iniziavano già a ricoprirsi di brina.

Vi chiederete cosa sia successo.

Prima, durante una fredda sera di dicembre comparvero nel cielo le aurore boreali, stavo facendo un pupazzo di neve in cortile in quel momento. Avevo solo dieci anni.
Erano una cosa talmente meravigliosa che mi persi in quei colori al neon che andavano dal verde, al rosso e persino il blu e il bianco. Solo qualche istante dopo mi accorsi che le luci erano scomparse.
La mia casa, il mio isolato, tutto era piombato nella pece.
Un blackout totale. Per contro le stelle così nitide le avevo viste solo in campeggio.
Si odirono schianti di auto ovunque.
Poi il quadro della situazione fu palese poche ore dopo.
Saltarono le linee elettriche, i motori delle auto smisero di funzionare, ogni cosa che funzionasse a batteria o energia elettrica non funzionò mai più, persino gli smartphone.
All'inizio fummo tutti confusi, non capimmo cosa stava succedendo.
Solo dopo giorni avremmo capito che il problema era globale e che il medioevo era nuovamente tornato tra noi..

Rientrai in casa, saluti 'ma è salii in camera mia. Accesi una candela e mi preparai per farmi la doccia. Più tardi dovevo uscire di nuovo.
Sotto la doccia tremando per il freddo mi versai un catino di acqua bollente che mi fece arrossare la pelle mentre la mia mente vagava come faceva ormai ogni giorno ai Giorni Oscuri.

Saltarono le linee dei treni, le fabbriche smisero di funzionare, pochi giorni dopo l'acqua potabile non veniva più pompata nelle case, le raffinerie di petrolio automatizzate e non si fermarono e infine anche le autopompe si fermarono, per sempre.
Le banche erano diventate inutili, e la situazione negli ospedali divenne catastrofica.
Una settimana dopo il caos regnava in tutta la nazione al buio. Non credo che nel resto del mondo fosse andata meglio.
Enormi incendi e ondate di saccheggio erano diventati la norma.
Senza rasoi elettrici e con le lamette da barba esaurite, un mese dopo l'inizio di tutto, i capelli lunghi e barba incolta erano diventati un nuovo stile forzato, mentre ronde armate iniziavano a comporsi e girare ovunque.
Da società asociale, dipendente dalla tecnologia, abituata a stare per conto proprio, quando le luci si spensero, nel giro di poco tempo torno a organizzarsi in branchi contro altri branchi.
Sotto certi punti di vista non eravamo molto lontani dai lupi, ma sempre più lontani dalla civilizzazione.
A Fossil questo divenne la norma, quando i negozi furono del tutto svuotati, accoltellamenti e colpi di arma da fuoco divennero sempre più comuni, nel contempo il grande esodo era iniziato dalla città che iniziava rapidamente a svuotarsi.

Uscii tremando dalla vasca da bagno e iniziai ad asciugarmi.
L'unico motivo per la quale ora sopravvivevamo era il fatto che eravamo in pochi che si erano riorganizzati come meglio potevano e la situazione si era stabilizzata.
Cenai con la mia famiglia, verdure coltivate e quello che mio padre portava dalla caccia.
Una cena silenziosa. Come sempre. Poche parole, un lungo momento di tranquillità insieme alla famiglia.
A volte la monotonia può essere meglio di molte altre alternative.
Poco dopo, ormai notte fonda, misi il mio coltello a scatto in tasca, indossare una giacca pesante e uscii.
Non si poteva mai sapere chi si poteva incontrare in giro a quest'ora.
C'era la luna piena, quindi una fioca luce illuminava le strade altrimenti quasi nere e senza illuminazione artificiale di Fossil.
Camminai piano accanto alle file di auto abbandonate e arrugginite, parcheggiate li anni prima, e raggiunsi la piazza della città.
Nell'arcaica luce lunare, le strade dissestate brillavano di uno spesso strato di brina.
Qualcuno mi toccò la spalla facendomi sobbalzare per la paura. Mi voltai.
-Sophie, sono io.- disse la voce profonda di Sasha.
-Idiota, potevi parlare senza farmi saltare dalla paura.- replicai
-Scusami.-
-Solo per stavolta!-
Sasha era uno dei pochi ragazzi rimasti in città, faceva la ronda notturna, un ruolo che spettava a quelli della sua età. Vale a dire assicurarsi che non ci fossero problemi, tutto fosse tranquillo.
Era un piccolo gruppo volontario di Fossil su turni di cinque ore a rotazione mensile.
Questo mese Sasha faceva il turno delle prime ore della notte.
Era un lavoro noioso, ma necessario.
Pochi mesi prima Sasha e io ci eravamo incontrati per la prima volta durante una mia passeggiate notturne, mi aveva quasi scambiato per un ladro, se non era che ero troppo piccola fisicamente per qualunque attività di questo oltre che goffa.
Da allora periodicamente ci incontravamo la sera per fare due passi, scambiarci due parole, spesso andare a guardare le stelle e fare discorsi di ogni tipo.
Almeno quando lui faceva il turno delle prime ore della notte.
Poco alla volta vederlo, aver bisogno di qualcuno con cui parlare per sopportare questa fredda realtà era diventata una dipendenza, una necessità.
Sasha aveva vent'anni, era circa un paio di spanne più alto di me, corti capelli scuri, occhi color carbone e un fisico piuttosto asciutto.
Non ero sorpresa lo avessero accettato nella ronda volontaria.
Quella sera come accordato la sera prima, ci dirigemmo verso la periferia di Fossil, bisbigliando a bassa voce, visto il regno di silenzio che esisteva in un mondo senza elettricità, soprattutto di notte.
Le stelle illuminavano come lontani freddi fuochi azzurri il cielo notturno.
Era bizzarro come gli antichi un tempo si orientassero con esse, poi l'uomo moderno le avesse dimenticate con quelle artificiali e poi riscoperte.
-L'hai vista?- chiese Sasha interrompendo il flusso dei miei pensieri.
-Si.-
-Esprimi un desiderio, almeno una volta si faceva così.-
Sbuffai con sarcasmo, -Mi dispiace, ma non sono il tipo.- risposi.
Continuammo a camminare silenziosi, come facevamo spesso ogni sera.
Le foglie secche coperte di brina scricchiolavano sotto le nostre scarpe.
Talvolta una folata di vento gelido le soffiava via.
La città non solo era immersa nell'oscurità più completa, fatta eccezione di qualche debole luce tremolante di candela in qualche finestra, ma il silenzio era quasi assordante.
All'improvviso in lontananza si udì l'ululato di un lupo. Mi vennero quasi i brividi.
Ce ne erano parecchi in giro da queste parti.
-È inquietante questo posto si notte, non trovi?- mormorai a bassa voce.
-Sono d'accordo- rispose lui con un filo di voce -almeno ci sei tu a tenermi compagnia.-
-E se non ci fossi io?- chiesi incuriosita.
-Ci sarebbero i lupi.- ironizzó lui.
La mia mano senza che me ne rendessi cercò cercò la sua.
Sentii il calore delle sue dita tra le mie, l'istante successivo rendendomi conto della sciocchezza la ritrassi. Quasi vergognandomi.
Mi sentii avvampare.
-Scusami.-
-Di cosa?-
Sasha si fermò.
Sospirai aria fredda, ferma davanti a lui.
-Niente..io..pensavo..- l'avevo fatta grossa, non solo avevo fatto una figuraccia, ma non sapevo nemmeno come farmi avanti con qualcuno che mi interessava.
Non che a Fossil ci sia mai stata la possibilità, da quel punto di vista non sapevo assolutamente niente.
Sasha, in qualche modo, sembrò intuire il mio conflitto interiore e mi venne vicinissimo. Mi sentii avvampare.
Ci guardiamo per un breve istante di silenzio nella fioca e fredda luce lunare.
-Chiudi gli occhi.- disse semplicemente.
All'inizio non capii, poi obbedii, esitando un po.
Sentii le sue mani appoggiarsi delicatamente sulle mie spalle. La sua vicinanza fisica. Poi un debole sospiro sul mio viso. Infine la sua bocca cercare la mia.
Lo assecondai, piegandomi leggermente e facendo scivolare i miei capelli di lato.
Poi sentii le sue labbra schiudersi tra le mie secche per il freddo, lo imitai.
Per un lungo istante condividemmo lo stesso respiro.
Dopo quelli che parvero minuti senza fine, aprii gli occhi e mi staccai da lui.
Ci guardammo sotto quella fredda palla luminosa. Poi silenziosamente gli presi la mano e riprendemmo a camminare sotto le stelle.





 
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