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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: VITA
Genere: Drammatico, Fantascienza
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot
Autore: gokusupersaya galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 10/06/2011 15:07:45


 
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- PERCORSO ALTERNATIVO DI UNA MATRICOLA -
- Capitolo 1° -

- La gioia di 381/N -


Dentro una delle più grandi multinazionali del mondo, all’interno di uffici suddivisi in celle grigie, opache, prive di ombre…la piccola neomatricola 381/N lavora duramente su alcune pratiche da controllare, correggere e mandare alla matricola 107,C.
I suoi occhi sono veloci, le mani leggere sfogliano rapidamente l’ammasso di fogli che sormontano la sua scrivania; c’e silenzio, l’unico rumore che si percepisce è quello dell’orologio posto in alto davanti a lei.
381/N sorride, l’entusiasmo di poter lavorare trasuda dalla sua pelle e dal golf bianco che, aderente, fascia il suo piccolo corpicino da donna.
Va d’impulso, non ha grande esperienza, ma sogna il giorno in cui verrà promossa al settore successivo, uscendo dalla spirale dei neo matricolati.
Arrivano anche oggi gli ultimi secondi prima che il termine del lavoro assegnatole scadi.
5, cinque.
Afferra l’ultimo foglio.
4, quattro.
Gli occhi scorrono sulla sezione “Anomalie nel mattone”.
3, tre.
Cancella alcune parole con tratti decisivi e fermi.
2, due.
Le sostituisce con altre più allegre e firma.
1, uno.
Afferra l’intero plico che ha terminato.
0, zero.
Si volta e lo getta in un tubo di ferro, rettangolare, posto alle sue spalle.
Cel’ha fatta! La luce verde in alto segnala il perfetto tempismo; un altro display, sulla sua destra, le segnala che ha cinque minuti di pausa.
381/N si asciuga la fronte, stende i muscoli delle articolazioni e si rinchiude nel bagno sulla sua sinistra.
Ogni matricola ha il proprio spazio, un quadrato di 4 x 4 metri con in più un bagno con: water, lavandino, doccia. Tutto è messo a disposizione del lavoratore, tutto deve funzionare secondo una certa tempistica, sulla quale si basa la fama dell’azienda.
381/N appena esce dal bagno sente che altri colleghi stanno parlando fuori la sua porta.
«…e se fosse uno scherzo?»
«Cosa?»
«La leggenda della matricola 1»
«Ma come ti viene in mente di dubitare della sua esistenza?»
«Perché…perché non posso?»
«E’ lei che ci ha dato vita qua dentro, lei che ci fornisce la luce, il cibo e l’aria condizionata»
«Io…beh non, non riesco proprio a crederci. Non ci crederò mai se prima non lo vedo con i miei occhi»
«E allora spiegami perché le matricole 4, 5, 6 e 7 hanno scritto le sue gesta e ne attestano la sua capacità di lavorare in modo miracoloso! Ricorda che suo padre ha fondato l’azienda da solo, partendo dal nulla»
«Que…quelle matricole dalla 4 alla 7 erano tutti dei raccomandati! E poi potevano scrivere qualsiasi cosa! E’ come se io scrivessi che esiste un elefante che fraternizza con un topolino e questo gli insegna a volare facendogli sbattere le sue enormi orecchie»
«Guarda che esiste…se ne parla Disney deve essere per forza vero; e poi devi avere fede nella matricola 1, lui c’è stato, c’è e ci sarà per sempre»
«Bene, se esiste deve dimostrarlo!»
«Non lo dimostra giornalmente? Insomma, ci ha dato un lavoro! Avanti! E’ lui che ci ha fornito di un cesso personale e di pugnali d’argento»
«Quelli servono in caso ci attaccassero i lupi mannari. Sai, è così che è morto il 4329.»
«E il cesso?»
«Va bene, lo ammetto, il cesso personale è stata una rivelazione divina; non abbiamo neanche dovuto mobilitare i sindacati per averlo»
«Sei assurdo! Credi nei sindacati e non credi nella matricola 1…è follia! Comunque, che ne dici di quei distributori d’acqua che abbiamo nei nostri uffici? Non è magico che da una parte esca calda e dall’altra fredda, ma hanno tutt’e due la stessa fonte?»
«Non vivrei senza quell’arnese. Sai che siamo fatti per la maggio parte di acqua?»
«Ed hai notato che il giorno dopo, il serbatoio, torna pieno? Chi è che lo riempie se non Lui, la matricola 1?»

La giovane 381/N rimane sorpresa da quel discorso; era appena arrivata e non riusciva a comprendere a pieno il significato che quei due davano alla matricola 1.
«Chissà se…»
Un campanello d’allarme la richiama alla realtà troncandole quel dubbio che stava nascendo, e subito si rimette a lavorare.
Ritira un plico di fogli e pratiche da un’altra fessura rettangolare; questa volta il titolo del primo capitolo è “Emancipazione e sorrisi”. I suoi occhi ricominciano il lavoro, ma quella radice di pensiero ha rallentato il ritmo.
Arrivata a fine pagina è costretta a rileggerla da capo con più attenzione.
“Si va a constatare che il calcolo dei sorrisi non si accosta al numero di volti da analizzare, c’è dunque una forma di emancipazione o razzismo che spinge gli statisti a non calcolare il sorriso degli immigrati, giustificandolo col fatto che non ridono.”
381/N si scosta all’indietro con sguardo dubbioso, poi prosegue la lettura.
“Accogliamo il sorriso, o anche un abbozzo di esso, datoci dagli stranieri, dalla gente diversa da noi come: i neri, gli albanesi, i rumeni, gli ebrei, il pagliaccio del McDonald ed i portatori di handicap quali: la Corea di Huntington, l’occhio di falco e le giovani marmotte (Inclusi Qui, Quo e Qua)”
La matricola sbatte ripetutamente le palpebre scioccata da ciò che sta leggendo, e sembra che sia la prima volta che lo faccia con cognizione.
«Qui, Quo e Qua?»

«E va bene ti credo, la matricola 1 esiste, ma deve darmi una prova visiva della sua esistenza come ha fatto…Dumbo!»
Le voci da fuori continuavano ad attirare l’attenzione di 381/N che, ormai coinvolta in quella discussione, decide di parteciparvi.
Si alza e si accosta alla porta che non osa aprire: lei, come la maggior parte dei dipendenti di quella multinazionale, ha il terrore di conoscere altre persone.
«Ehi! Ehi voi la fuori! Sono la matricola 381/N»
«Salve! Sei rimasta chiusa dentro o cosa…?»
«In realtà…non vorrei aprire la porta.»
«Allora cosa vuoi?»
«Beh, vorrei sapere un po’ di più della matricola 1»

Una grossa risata fa arrossire il piccolo viso di 381/N
«Ma sei folle! Una novellina non può avvicinarsi neanche concettualmente all’1»
«Scusa, ma non eri tu (o forse l’altro) a dubitare della sua presenza e volerlo vedere di persona? Piuttosto…non vi siete presentati»
«Oh, ci scusi signorina! Io sono 385/M»
«Matricola 390/N…»

381/N sbuffa incrociando le mani sul petto
«Beh se avete quelle matricole siete anche voi dei neo matricolati»
«Guarda che noi lavoriamo qui da…da quando lavoriamo qui 390/N?»
«…calcolando che siamo entrati nell’azienda nell’anno…oh ma che importa! Siamo alle prime armi, siamo ancora nuovi del settore»
«E’ vero»
La ragazza dietro la porta rimane sbalordita a quelle parole.
«N-non sapete da quanti giorni, settimane o mesi siete qui?»
La risposta le giunge all’unisono
«Ma certo che lo sappiamo!»
«Io non vi credo»
«E tu lo sai?»

Ci pensa un po’ su e rimanendo sorpresa ed imbarazzata dalla sua ignoranza, il viso le si colora d’un dolce rosso.
«Sì, da 459 giorni, 4 ore, 23 minuti e 12, 13, 14, 15, 16…secondi»
«Fin troppo preciso…»
«La tipa è forte! Ehi perché non esci dal tuo ufficio, potremo andare alla ricerca della matricola 1 insieme»
«Ehm… C-certo…ma è meglio domani forse»

381/N si scosta dalla porta ma le voci dei suoi colleghi continuano a chiamarla ed implorarla di uscire, aggiungono frasi d’elogio come “Nessuno ha mai pronunciato la parola ‘meglio’ così come te”. Lei però era fortemente terrorizzata ad aprire quella porta.
Ogni dipendente non aveva alcuna vita al di fuori dei loro piccoli metri quadri, da quel loro ufficio predisposto a tutto: la scrivania si poteva sostituire con un letto, il bagno era funzionale di tutto, i vestiti le venivano recapitati ogni giorno ben lavati e stirati e nelle ore dei pasti le venivano offerti dei piatti succulenti. La multinazionale per cui lavorava non aveva alcun desiderio di far mancare nulla ai suoi dipendenti, ma non era permesso loro di uscire da lì, se non attraverso degli occhiali 3D che li catapultavano in mondi immaginari, facendoli illudere di vivere alcune ore di libertà all'aria aperta.
La confusione che si stava creando nella mente della ragazza era enorme: da un lato aveva il plico di pratiche ed articoli da controllare, dall’altra le due voci dei suoi colleghi che la imploravano di uscire…ed in più…in più vi era quel dubbio che non si staccava più dai suoi pensieri. “Esisteva la matricola 1?”
Si siede ancora una volta riprendendo a lavorare e dopo aver scartato qualche foglio legge una frase nel capitolo “Panda soppressi” che cita così… “[…] la loro libertà non deve essere limitata da sbarre di ferro, essi hanno il diritto di cercare la propria verità altrove […] e se devono morire, che muoiano!” 381/N sbarra gli occhi, poi si passa una mano sulla fronte, consapevole finalmente di ciò che significava per lei rimanere rinchiusa lì. L’importante era uscire, uscire da quelle quattro mura e rischiare di incontrare altre persone diverse, fraternizzare con loro…andare alla ricerca della matricola 1 e morire se era necessario.
Con pochi gesti veloci e decisi apre la porta del suo ufficio chiamando a gran voce i suoi due colleghi 385/M e 390/N.
Sente delle urla provenire dal fondo del corridoio, ma non riesce a vedere nulla, percepisce solo un acre, strano e disgustoso, odore che non ha mai sentito in vita sua; ma le urla dei suoi colleghi sembrano allontanarsi sempre più e lei ormai non ha più tempo per decidere. Al primo passo che compie le voci svaniscono.
Il turbamento di quelle nuove percezioni la confonde, non sa se ciò che ha fatto è stata la cosa giusta, ma ormai la porta alle sue spalle, quella del suo ufficio, è chiusa, e lei è già cambiata troppo per tornarvici.
L’ambiente esterno è vuoto, mura d’acciaio splendente la circondano, e non vi è nessuna decorazione, nessuna pianta o vaso ad ornare quell’ambiente freddo, fatto di neon, acciaio e mattonelle d’un bianco lucido. Le ombre non esistono, neanche quelle esili che stavano nel suo piccolo ufficio, tutto è piatto, vuoto e immenso; solo le porte intervallavano il tutto, con un colore rosso sangue.
Il corridoio, non incrocia nessun’altro varco, ma alle sue due estremità vi erano: un muro, ed un ascensore di metallo.
381/N non sa ancora cosa deve fare. Resta immobile davanti la porta a contemplare tutto quello. A volte prova a chiamare 385/M e 390/N, ma nessun suono e nessuna voce corre in soccorso del suo bisogno di protezione, quella protezione che le dava unicamente il suo ufficio.
«I panda. Loro devono cercare la propria verità altrove»
E comincia a ripetere questa frase sottovoce, soffiando appena sulle parole, per poi aumentare il tono della voce, portare le mani a coprire il viso ed urlare quella frase, finché le parole non le diventano così personali da farne una verità assoluta. Doveva cercare altrove, e se doveva morire…sarebbe morta.
Però le è ancora difficile avanzare verso quell’ascensore, il suo Io ha il terrore di percepire ancora nuove emozioni, nuovi suoni o nuove immagini, il suo Io che era stato plasmato dentro le fredde mura del suo ufficio.
Infine, scatta l’allarme.
381/N lo riconosce! E’ l’allarme che segna il mancato lavoro di un dipendente, quello che precede l’ordine di non commissionare altro materiale, la cancellazione della matricola ed infine, l’espulsione dall’ufficio. Lei era sempre stata diligente, non aveva mai posto ritardi sul suo lavoro, anzi, era solita terminare il lavoro di due giorni in uno. Lei era ciò che le valutazioni della direzione chiamavano “Futura Messia”, il che implicava l’acquisizione di un numero di matricola elevato, uno dei più prestigiosi di tutti! E 381/N lavorava sodo ogni giorno, da ormai tempo immemore, per ottenere quella carica; ma adesso sa che tutto ciò è stato vano, poiché l’allarme che non cessa di suonare la spinge a correre verso l’ascensore, non per aspirazione, non per voglia di cercare la verità, ma per il solo terrore e voglia di proteggere se stessa.
Arrivata davanti alle porte metalliche si affretta a premere il pulsante per aprirle, ed ancora prima che queste si aprano del tutto, 381/N si getta al suo interno affrettando, poi, la chiusura delle tre porte metalliche.
Lì non può sentire più l’allarme.
Finalmente è entrata in un luogo chiuso e piccolo che le da quasi le stesse sensazioni del suo ufficio, e per ore, si raggomitola in un angolo per l’unico scopo di piangere.

Finite le lacrime ed ormai con i muscoli completamente stremati dalle convulsioni, alza gli occhi e nota solo due pulsanti a forma di freccia: uno rivolto verso l’alto con su il numero 1, l’altro rivolto verso il basso con su il simbolo di infinito.
Non per qualche ragione d’interesse, ma semplicemente perché è il pulsante più vicino a lei, allunga il braccio e preme sull’infinito. Fatto ciò l’ascensore si attiva e comincia a scendere ad una velocità sostenuta, ma nonostante la sua andatura, non fa rumore, né ondeggia sbattendo sui lati.
381/N intanto si alza, passa le mani sul viso asciugando l’umido delle lacrime ed infine ammira ciò che risiede oltre le porte al piano infinito: una città, di caos, smog, macchine, gente che cammina, gente che urla, di treni e strade che fasciano il suolo ed impediscono di vedere il cielo; palazzi, palazzi dai sei ai trenta piani che si innalzano come torrioni orribilmente tetri; strade imperfette, con buche asfaltature di anni diversi, marciapiedi malandati e sporchi; alberi di veleno, e fiori che non emanano profumo, e tronchi e rami d’un colore innaturale; uomini che urlano, musiche scomposte che si sovrappongono, bambini che piangono, ragazzi che corrono, motorini sui marciapiedi, acqua che non è pioggia che cade dall’alto, acqua di catrame che scende sui capelli dei passanti; recinti, finestre piccole, grandi, tonde e quadrate, finestre malandate e finestre enormi, balconi chiusi, balconi più piccoli e ringhiere arrugginite dall’acqua inquinata; animali che volano, animali randagi che circolano sulle strade, e si destreggiano fra le migliaia di gambe e piedi che calpestano quel cemento sporco e sudicio; aria maleodorante e pesante, sguardi tetri dalle griglie delle fogne, e da lì un mondo oscuro e pauroso dal quale sbuca anche un uomo, un uomo sporco vestito di abiti lerci, col capo coperto da un casco macchiato di letame; ancora macchine grandi, enormi, di varie dimensioni e colore, macchine che vomitano altro catrame, macchine che inghiottono cemento, nastri rossi e bianchi a delimitare uno spazio; urla, cinguettii tristi di uccelli ingabbiati, fiori dai falsi colori esposti sui balconi, acqua di scolo che scende da lunghi tubi e finisce sulla strada, sirene d’ogni genere e musica…ed ombre, tante ombre: lunghe, piatte, grasse, pulite, oliose, di scarico, di riciclo, di macchine, di cani, di alberi, di vasi, di persone…
Un urlo di terrore precedette la fuga di 381/N all’interno dell’ascensore.

Si chiude ancora dentro quell’involucro grigio splendente, premendo con foga il pulsante per chiudere le porte. Lì sta al sicuro, là dentro, in quell’ambiente lucido e privo di ombre, riesce a trovare se stessa…la se stessa che sentiva perdere in quell’ambiente infinito.
Si stende ancora sul pavimento, ma questa volta per dormire.

Come al solito non sogna, ma il suo sonno la conduce unicamente al nulla, quel nulla paragonato al tutto che si colora di infinito nero.
Dal suo risveglio passano alcune ore, prima che la sua attenzione ricada sui due pulsanti dell’ascensore; entrambi non l’avrebbero condotta nuovamente al suo ufficio, ma in due luoghi opposti ed uguali, ma entrambi apprezzabili da diversi animi.
I pensieri di 381/N vertono in primis sul suo lavoro, che in qualche modo le manca. Il lavoro era la sua vita, il lavoro era il suo tempo libero, sul lavoro si basava il passato, sul lavoro si basava il futuro, sul lavoro si basava il presente, sul lavoro si basavano i ragionamenti, sul lavoro si basavano le sensazioni, sul lavoro si basava l’esistenza di 381/N.
Trascorse, così, il suo tempo a pensare a quanti fascicoli e documenti aveva corretto con maestria e disinvoltura, e di come un semplice dubbio l’avesse stretta in un angolo.
Finiti questi pensieri, volge i suoi innocenti occhi sull’unico pulsante rimasto da premere: la freccia volta verso l’alto con sopra inciso il numero 1.
Lo preme.
L’ascensore comincia a salire con un andamento lento, e lei rimane lì, per terra, con le ginocchia strette sul petto, a sperare che da quella porta non fuoriesca un mondo di caos, ombre e sporcizia.

Attende.

Infine le tre porte di ferro si aprono, senza emettere alcun suono metallico, lasciando che una luce bianca, ancora più forte di quella dei neon dell’ascensore, invadesse 381/N annullando persino la sua ombra.
Lei si alza. Gli occhi sono sorpresi, spalancati al limite, i movimenti sono tranquilli…e mentre avanza venendo pian piano inghiottita da quella luce, sorride, come se avesse visto la cosa più bella dell’universo.
Una lacrima si adagia sulle sue labbra.
Poi...
La Fine.
 
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