QUANDO TUTTO IL MONDO TI CROLLA ADDOSSO. - Capitolo 1° -
Presi il caffè dalla mensola più alta della cucina e ne versai un po’ nella caffettiera. Sbadigliai più volte, accessi il fornelletto e mi sedetti su una sedia del tavolo aspettando che il caffè fosse pronto. Mi guardai i lividi sulla pancia e sulle cosce e una patina opaca mi riempì gli occhi, me li sfregai subito e mi rannicchiai in me stessa. Una lacrima mi rigò il viso. Scossi la testa, non dovevo piangere ancora, non per lui; mi aveva solamente fatta soffrire, mi faceva solamente soffrire. Io lo amavo, amavo un demone! Risi, una risata che alla fine risultò isterica e carica di terrore. Il telefono squillò e io sobbalzai dalla sedia. Risposi. –pronto ?- la mia voce risultò annoiata. -ciao, sono Erick!- Aggrottai la fronte. Il mio collega, che voleva alle 7:00 di mattina? –ciao…che c’è?- -Jasmine mi ha detto di riferirti che il servizio è spostato a dopo domani.- Riflettei. –va bene.- -ok, allora ciao.- -ciao.- Riattaccai, nel frattempo la caffettiera stava borbottando. Mi versai il caffè in una tazza e mi sedetti sul divano, chiusi gli occhi e annusai l’odore un po’ amarognolo di quella bevanda. Sorrisi. Sentii il divano schiacciasi leggermente sotto il peso di qualcuno. Pregai che non fosse lui, ma alla fine, chi altro poteva essere? Riaprii con lentezza da record gli occhi e mi voltai a guardarlo in viso. Era conciato molto peggio delle altre volte. La maglietta nera era praticamente scomparsa e i pantaloni, dello stesso colore, erano pieni di buchi. Sanguinava in varie parti del corpo e aveva un taglio sulla guancia. Mi guardava divertito, come sempre; quegli occhi grigi trasmettevano sempre qualcosa di inquietante. Con un gesto per niente umano, spostò la testa e lo sguardo fra le mie cosce, allungò la mano, ma a pochi millimetri da me, la ritrasse. Scosse il capo e i suoi capelli incrostati di sangue si mossero all’unisono con lui. –vuoi andare a farti una doccia?- chiesi. Lui guardò lo schermo della televisione spenta. –va bene.- Mi alzai e andai in bagno. Presi un asciugamano pulito ed un accappatoio e li appoggiai vicino alla doccia. Aprii l’acqua e la lasciai scorrere, così che diventasse calda. Lui arrivò poco dopo, nudo. Mi circondò le spalle con le sue braccia massicce e mi strinse contro il suo petto. –ti fanno male le gambe?- Aggrottai la fronte e misi le mani sui suoi fianchi. –un po’, ma guariranno.- -vuoi venire a lavarti con me?- mi baciò la testa. Io la scossi. -no, ti aspetto in camera.- Lui annuì. –si.- Mi lasciò andare ed entrò nella minuscola doccia. Io andai in camera e mi stesi sul futon. Sorrisi, un vampiro a cui piace dormire su un futon piuttosto che su un materasso normale, mai sentito. Mi coprii con le coperte e chiusi gli occhi. Poco tempo dopo, mi ero addormentata. Mi svegliai nella stessa posizione di quando avevo preso sonno, con la piccola differenza che avevo un braccio intorno alla vita. Mi voltai e Ian mi guardava con aria sognante. Si era lavato e non c’era più traccia del taglio sulla guancia; gli accarezzai i capelli e constatai che erano ancora umidicci. Si era sdraiato accanto a me da poco e io avevo dormito forse cinque minuti. Mi attirò ancora un po’ a se e attaccò le mie labbra alle sue. Tracciai il profilo del suo viso più e più volte, la sua pelle era liscia come quella di un bambino, ma più dura del marmo. Accarezzai ancora un po’ i suoi capelli e poi misi le mani sul suo busto. Si sedette a gambe incrociate e mi fece mettere sopra di lui. Mi staccai per riprendere fiato, lui mi guardò confuso. Sorrisi. –è che non riuscivo più a respirare.- gli si illuminò una lampadina nella testa, perché annuì. Mi sorrise, quel sorriso un po' sbieco, che gli creava delle leggere rughe ai lati della bocca, quel sorriso che poteva essere sia buono che cattivo, che poteva predirti l'ora esatta della tua morte o quando ti sarebbe successo qualcosa di bello, quel sorriso che riservava solo a me. –do you trust me?- inclinai un po’ la testa. Era strano sentirlo parlare in inglese e non in americano. Quell’accento gli conferiva un non so che di nobile, cercai al massimo di mettere gli accenti giusti alle parole. –shouldn’t I?- lui annuì e mi baciò il collo. Era nudo, io avevo indosso delle mutandine nere e una maglietta XXL, una delle sue. Sospirai di piacere, lui, come risposta, grugnì. Mi squillò di nuovo il cellulare, il vampiro ringhiò e non mi fece scendere dal letto. –Ian…fammi rispondere. Poi lo spengo.- -no.- Il cellulare vibrò di nuovo. Ian ringhiò e lo andò a prendere, si sedette sul letto e mise in vivavoce. Jared: Beth? Ian: no. Jared: chi sei? Gli presi il cellulare di mano. Beth: Jared, ciao… Jared: chi era?! Beth: un…ehm…mio amico. Jared: si, certo. Mi stai tradendo? Misi un attimo in attesa e guardai Ian. Lui mi guardò e sbuffò. –che vuoi?- -mi hai sempre detto di non dire niente di te e di continuare a stare con Jared, però adesso il casino lo hai combinato tu!- Lui ringhiò e buttò per terra il cellulare. Si ruppe. –ragazzina, ti consiglio di non alzare la voce con me, perché non hai nemmeno idea di cosa sono capace, è chiaro?- Nella stanza regnava quella calma surreale, ricca di tensione, avevo il timore di respirare per paura di cosa potesse farmi. Abbassai lo sguardo e parlai con voce roca. –scusa…hai ragione. È colpa mia, non avrei dovuto insistere per rispondere…- Lui mi prese il volto con una mano e lo avvicinò al suo. Il suo respiro era caldo sulla pelle. –non rifarlo. Non mettermi alla prova, Beth, perché non resisto alle sfide.- Detto questo mi baciò, mi fece stendere sul letto e si posizionò sopra di me. Mi sfilò gli slip neri, io chiusi gli occhi. Mi accarezzò la guancia e mi baciò la fronte. –vuoi farlo?- Aprii gli occhi e aggrottai la fronte. –come?- Sorrise. –ti ho chiesto se vuoi farlo?- Io aprii leggermente la bocca. –ehm…cambierebbe le cose?- Lui sorrise respirando. –bhe, si.- -quindi se ti dicessi di no?- Fece una faccia pensierosa. –credo che mi vestirei e me ne andrei.- Spalancai gli occhi. Lui mi stava dando la possibilità di liberarmi di lui, di riavere una vita sociale, di non avere più lividi sulle cosce…se ne sarebbe andato. Non lo avrei più rivisto… Mi misi a sedere e mi rinfilai gli slip. –tu mi stai dicendo che se ora io ti dico di no tu te ne andrai e non ti farai più vedere?- Lui annuì. –esatto, niente più morsi, lividi o scenate di gelosia.- Gli occhi mi si riempirono di lacrime. –perché me lo dici solo ora?- -perché ti volevo…e bhe, ti voglio. Ma ho capito che o ti trasformo e ti faccio diventare la mia compagna a tutti gli effetti, ma tu non mi perdonerai mai, oppure esco di scena.- Scossi la testa. –non mi puoi chiedermi questo…i-io mi ero abituata al sangue sui tuoi capelli, a lavarti la schiena…a baciarti sul collo…- Lui sorrise. –non mi ami…- Scoppiai, due lacrime mi rigarono il volto. –che te lo dice?! Cosa te lo fa credere?!- Scosse la testa e si alzò dal futon. Prese dei vestiti e cominciò a vestirsi, io lo fermai e lo abbracciai, era la prima volta in un anno che lo facevo di mia spontanea volontà. Mi aggrappai al suo petto. –non andartene…ti prego.- -non posso trasformarti.- Guardai in alto, verso il suo viso. –t-troveremo una soluzione! Si, faremo così, troveremo una soluzione!- Mi prese per le spalle e mi guardò negli occhi. –non c’è una soluzione, Elizabeth. Non c’è! Io devo andare per la mia strada e tu continuare la tua vita…senza di me.- Scossi la testa. –no. No! N-non…n-non può e-essere…- -basta! Smettila.- Mi guardò negli occhi e mi sentii pesante, prima che potesse addormentarmi del tutto riuscii ad articolare alcune parole. –non…cancellare r-ricordi…- poi caddi nel buio. Mi risvegliai sul futon, l’odore di Ian impregnava l’aria come un deodorante per ambienti, solo che lui non c’era. Aveva espresso l’ultimo mio desiderio, ma ora non l’avrei mai più rivisto. Andai verso il mio armadio con lentezza disumana, aprii l’anta e constatai che non c’era più nemmeno un indumento appartenente al vampiro. Mi accasciai e piansi, prima silenziosamente, poi sempre più forte, non riuscivo a tenere tutto dentro, non VOLEVO tenere tutto dentro. Ero sicura che avrei sentito la sua mancanza, che mi sarei logorata a forza di pensarlo, ma non sarei riuscita a smettere, ne ero sicura. Lo cercai con la mente, nel vano tentativo di ricevere una risposta, che infatti non arrivò. –Ian…IAN!-
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