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MANGA.IT FANFIC
Categoria: Originali (inventate)
Titolo Fanfic: ACQUAMARINA, AMORE IMMAGINARIO
Genere: Sentimentale, Romantico
Rating: Per Tutte le età
Avviso: One Shot, Lemon
Autore: ladyknight galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 13/02/2010 05:29:10

Certe volte fantasia e realtà sono così simili da trarre in inganno...
 
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ACQUAMARINA, AMORE IMMAGINARIO
- Capitolo 1° -

Questo è un'esperimento letterario sul quale ho qualche dubbio, per questo è fondamentale che commentiate please! Fatemi sapere che ne pensate xD
Kiss LadyKnight
1 Acquamarina, amore immaginario.

Vivere in certi momenti è difficile, certe volte è difficile sopportare il peso di tutto ciò che ci affligge, ma a volte vivere è facile, è dolce, è come mangiare dello zucchero filato.
Adesso vivere non mi è mai sembrato più incredibilmente facile: sono distesa mollemente sul mio letto, gli occhi chiusi e la mia mano vaga raminga fra i suoi capelli di seta.
I suoi capelli.
Anche se appartenessero ad un altro non potrei non apprezzare quei fili sfuggenti e morbidi, di quel color cioccolato, sono come la cioccolata al latte, succulenta che si scioglie in bocca piano piano.
Un sospiro esce dalle sue labbra, sfortunatamente non le posso vedere, tutto il suo capo è coperto da quei fili castani ribelli che si muovono in tutte le direzioni, quante volte se ne lamenta, credo che oramai abbia provato tutti gli shampoo liscianti esistenti, ma nulla. I suoi capelli come fieri combattenti rifiutano imperterriti di lisciarsi ed indomiti si stagliano sul loro dominio incontrastato che è il suo capo.
Non avevo mai incontrato qualcuno che sembrasse tanto in pace col mondo, non avevo mai incontrato qualcuno che potesse apparire ordinato avendo un animo così caotico, e non avevo mai incontrato qualcuno così incline alle risate e alla follia.
Adesso è tranquillo e come un gatto fa le fusa, apprezzando le carezze che le mie mani non sono mai stanche di fargli, e perché mai dovrebbero esserlo? Sono più loro che accontento toccandolo.
Le sue mani stringono convulse le lenzuola e dopo una decisa scrollata, nel tentativo di levarsi dal viso i capelli dispettosi, punta il suo viso diritto verso il mio regalandomi uno dei suoi sorrisi birichini, uno di quelli che fanno arrossire, perché sai che dietro quello sguardo c’è un mondo torbido e perverso, e sai anche che è meglio non incoraggiare quello sguardo, o ti ritroverai chissà dove.
Peccato che la voglia di incoraggiare quegli occhi azzurri e audaci mi contagia rapidamente.
-È solo amore.- dice lui dal nulla, le labbra fini seppur dannatamente eccitanti hanno fatto dei disegni che mi sorprendo ad ammirare, solo con lui ogni gesto, tocco e suono sembra assumere il perfetto controllo della mia psiche. La cosa incredibile è che ne è perfettamente consapevole e non prova la minima pietà per la mia povera persona, anzi alimenta questo circolo vizioso, ridendo di tutte le volte che non lo ascolto perché mi soffermo a guardare le sue labbra o che non lo guardo assaporando le sue parole come se fossero un delizioso leccalecca.
-Che intendi?- chiedo allora cercando di tornare cosciente per prendere in considerazione qualcosa che non sia la sua presenza.
Lui socchiude gli occhi e il sorriso si allarga, mi sta leggendo dentro ne sono certa, come sono certa che ride della mia incapacità a comprenderlo.
Mi prende in giro, ma prego, faccia pure.
-È solo amore.- ripete, tranquillo e sereno mentre porta il suo viso vicino al mio, le nostre fronti si sfiorano e i suoi occhi sono pericolosamente vicini ai miei, distogliere lo sguardo impossibile.
I suoi capelli mi cadono ai lati del volto come un manto delicato che mi sfiora gentilmente, sono convinta che sta ridendo anche se non posso vederlo, lo capisco da come il suo naso mi sfrega con la guancia, lo fa scherzosamente.
Perché deve sempre essere così scherzoso? Non lo capisce che quello che spesso, anzi quasi sempre desidero da lui è qualcosa di diverso. Perché non lo capisce?
Mi scosto di proposito da lui e mi rigiro sul letto.
Lui non dice niente ma posso immaginare la sorpresa sul suo viso, solitamente quando mi tocca io semplicemente mi abbandono, se ride io rido, se vuole parlare i parlo.
Adesso però vorrei qualcosa a cui mi vergogno a dare un nome vero e proprio, sono troppo piccola per certe cose, penso, eppure quante ragazze della mia età hanno già fatto tutto ciò che era possibile fare.
A scuola quante storie di ragazze usate come semplice scaldaletto e quante storie di ragazzi presi in considerazione solo per il loro status.
Tutta carne al macello, al liceo istruisce solo carne al macello.
La vita prima o poi avrebbe assorbito i sogni di tutti, avrebbe spezzato loro la schiena e li avrebbe resi vuoti, eppure i miei “compagni” non sentono i rintocchi di quel macabro conto alla rovescia, non sentono l’età delle responsabilità avvicinarsi con artigli di ghiaccio e occhi di tempesta.
-Se stai facendo pensieri tetri, per piacere fai finire la lagna subito.- dice lui adagiandosi accanto a me, il viso sulla mano che mi guarda contrariato.
-Scusa tanto se uso il cervello che Dio mi ha dato.- replico saccente.
-Non credo che Dio ti abbia dotata di un cervello per pensare a qualcosa, che non sia, assolutamente perfetto.- sussurra piano al mio orecchio, scandisce le parole con voluta lentezza, facendo risuonare sillaba dopo sillaba dentro il mio cervello, la sua mano destra si posa quasi ruvidamente sul mio fianco, afferrandomi e costringendomi a stare attaccata a lui.
Chiudo gli occhi assaporando quel momento, dimenticandomi che fino a un attimo fa ce l’avevo con lui.
-Dio ti ha dato un cervello per pensare a me, solo a me.- sussurra ancora e stavolta c’è qualcosa di nuovo nella sua voce, sembra tremare ed aspirare a qualcosa, la stretta sul mio fianco diventa quasi dolorosa.
Mi bacia dietro l’orecchio, dei baci umidi e caldi.
Ho paura.
Manco riesco a focalizzare questa sensazione sgradevole che lui si è già allontanato repentinamente leggendomi probabilmente con arguzia nel pensiero.
Mi volto perché in fondo mi manca la sua stretta calda e lo vedo scendere dal letto, permettendomi così di squadrarlo per bene, si leva la maglietta accaldato da questo pomeriggio di maggio e la butta sulla sedia.
Gli basta un movimento per incantarmi e io sono felice di incantarmi con questo suo dannatissimo vizio di spogliarsi in giro.
Appoggia le mani sulla scrivania e guarda con attenzione lo schermo, cercando chissà cosa.
Le gambe sono leggermente divaricate e in questa posizione il suo fondo schiena viene esaltato, mi sorprendo a soppesarlo e subito cambiò soggetto del mio sguardo esaltato, sono convinta che il mio viso si è arrossato di candido stupore, non è da me osservare con insistenza certe parti del corpo maschile.
Solo che il mio sguardo non riesce a staccarsi da quello schianto di ragazzo che ho davanti, così ripercorro centimetro dopo centimetro quella schiena di alabastro, perfettamente bianca.
Raffaele non ha un fisico palestrato o allenato dalla palestra, è semplicemente magro e tutte le linee del suo corpo, seppur ben disegnate, non sono molto marcate anzi, spesso e volentieri il suo corpo sembra composto da onde delicate.
Se solo sapesse che penso questo di lui se ne andrebbe indignato, io invece penso con rassegnazione che sicuramente madre natura non è imparziale con gli esseri umani.
Ad alcuni li riempie di brufoli, gli assegna un corpo tozzo o sgraziato e non contenta li dota anche di un viso brutto o in casi migliori assolutamente asettico, mentre ad altri, categoria sulla quale Raffaele capeggiava come maestro supremo, dotava di tutte le fortune, un corpo slanciato e sodo, un viso da angelo per nulla mutilato dall’odioso acne giovanile e una sorta di fascino naturale che trasuda da tutti i pori.
Chiudo gli occhi per costringermi ad ignorare questo prodigio della natura, ma presto vengo distratta perché dal computer si diffondono le melodiche note di una canzone.
Raffaele mi guarda sorridendo, io ricambio con dolcezza perché se Dio ti manda un angelo, che diritto hai tu di contestare tale dono, l’unica soluzione è arrendersi ed adorarlo.
Raffaele si avvicina alla porta, ma non è quella il suo obiettivo, bensì lo è l’interruttore della luce, lo spegne con rapidità e la stanza cala nel buio.
È un buio relativo visto che il computer continua ad illuminare con luce azzurrina la stanza, però si è creata una penombra e vedo il corpo di Raffaele a spezzoni, un gioco selvaggio di luci e ombre su di lui, vedo principalmente l’affascinante pallore del suo incarnato.
Poi Raffaele comincia a danzare, non dei veri e propri passi di danza, ma dei movimenti che gli vengono dal cuore, i suoi occhi sono calati e le sue lunghe ciglia risaltano sul pallore del volto.
È una visione che stringe il cuore, tanto è bello, si muove aggraziato, non in modo eccessivo, spesso ruota solo lentamente il collo tanto da permettermi di vedere i suoi capelli disegnare lascivi sentieri su quella pelle immacolata, a volte si gira e io vedo la perfetta linea della spalle, che si estendono potenti e naturalmente sensuali, poi magari muove le braccia e così la luce blu le illumina e io posso concentrarmi sulle vene delle mani, sulle sue unghie mangiate che rendono la mano più tozza e per qualche misteriosa ragione più virile.
Il petto è ben nutrito e guardo con ammirazione la piccola striscia di peli scuri che da sotto l’ombelico si insinua dentro i pantaloni, le stesse linee delle anche suggeriscono a scendere con lo sguardo. Ma i jeans rendono proibitiva la vista, lasciandomi spossata da una voglia irrefrenabile di levare quell’inutile tessuto che mi impedisce di vedere la pelle diafana del mio adorato. Eppure decido di scendere ancora e così studio le gambe, sono nascoste anch’esse dai jeans ma è evidente la loro eccessiva magrezza, non riesco però a figurarmi fisico più bello e più invitante.
Concludo osservando i piedi nudi che si muovono tranquilli, quasi mollemente, mi verrebbe da stampargli un casto bacio.
Dopo aver impresso nella mia mente ogni dettaglio del suo perfetto corpo torno a guardarlo nell’insieme, mi metto a sedere protendendomi verso di lui, però non sono per nulla intenzionata a disturbarlo, troppo attratta dallo spettacolo straordinario che mi sta gentilmente offrendo.
Non voglio rompere questo momento che mi pare magico e incredibilmente seducente, qualcosa cambia in me, lui subito lo sente, lo avverte come si avverte il fuoco che ti sta sfiorando col suo ardente tocco, come si avverte l’acqua che ti accarezza il corpo, lui come se una scarica elettrica lo stesse trapassando lo sente.
Capisce.
Si gira verso di me, è sudato ed ha il fiatone, mi guarda da dietro il sipario dei suoi capelli per lunghi attimi.
Reggo quello sguardo, lo sfido, lo invito.
Lui appare incerto, poi fa un passo in avanti, uno solo, ci voglio altri preziosissimi attimi per fargliene compiere un secondo e infine un terzo.
È davanti a me, proprio di fronte, essendo seduta sul letto non sono all’altezza dei suoi preziosissimi occhi azzurri, tanto azzurri da sembrare quasi vitrei, vuoti, sono sulla linea di confine che separa il suo ventre dalla regione più in basso protetta da quegli sconvenienti jeans neri.
Dopo un ultimo sguardo a quegli occhi, volto leggermente il mio viso e con la guancia accarezzo il ventre di Raffaele, lo sento trattenere il fiato, ed è proprio quel piccolo spiraglio di sensualità repressa che mi spinge ad abbassarmi ed a strusciare la mia guancia contro il ruvido tessuto dei suoi jeans.
La musica intanto continua cullandoci è lei a farmi credere che quello che sto facendo non stia accadendo realmente.
In effetti tutto questo non sta accadendo.
Mi scuoto da quel pensiero e mi riconcentro sulla sensazione della pelle sopra quel tessuto, intanto sento la virilità di Raffaele alzarsi e cercare di avvicinarsi, di raggiungermi.
Mi stacco di suoi pantaloni e do un casto bacio proprio sopra quel rigonfiamento, dopodiché torno a fare la gatta e mi struscio con la testa su quella zona accaldata del suo corpo.
Stavolta lui fa un verso inequivocabile, con impeto mi allontana e mi prende il viso tra le mani baciandomi con trasporto, mi butta sul letto inchiodandomi sotto di se. Senza chiedersi come perché o altro, mi afferra per le cosce mi fa salire ancora di più sul letto, mi alza la veste e mi sfila le mutandine, e, sempre torturandomi con baci accaldati, entra in me.

-Dai ammettilo! Ti sei innamorata!- dice sicuro il mio malefico e bellissimo genio del male.
-Ti sbagli.- affermo a mia volta con decisione.
Raffaele socchiude gli occhi e mi studia con attenzione, mentre io cerco di fingere naturalezza nell’ignorarlo.
-Cane tu che dici? Sarà sincera?- chiede al mio cane, un adorabile pastore tedesco che per qualche strana ragione sente il fascino Raffaele vivo come lo sento io. Ripensandoci non proprio come lo sento io.
-Ti affidi a un cane per sapere queste cose?- fingo stupida dal suo atteggiamento quando so perfettamente che così lo farò innervosire.
Infatti fa una faccia un po’ schifata e per quanto sia umiliante ammetterlo, anche con quell’espressione oscena sa essere bellissimo.
Tutte noi donne vorremmo fare la figura di quelle algide che seducono gli uomini e se li prendono ma nonostante tutto in testa ancora l’unica persona che occupa i loro pensieri altri non è che loro stesse, ma nella realtà se ciò capita significa solo che alla affascinante signorina di turno non interessa proprio nulla del suo boyfriend. È una legge innegabile, chi riesce ad essere studiatamente affascinante non deve aver mai incontrato qualcuno che davvero ispiri il suo cuore, sfido qualunque playboy, perché no Casanova in persona a comportarsi in maniere controllata e studiata davanti al padrone del loro cuore, davanti a quella persona che ti fa perdere il senno, davanti a quella persona in cui ti perdi con un solo sguardo.
La verità è che i seduttori, sono freddi pezzi di ghiaccio.
Se veramente amassero l’amore o la sessualità non saprebbero davvero come fare per sedurre i loro amanti, pochi eletti, i prescelti dell’amore attirano gli amanti senza far nulla, solo perché sono caldi dentro e perché il dio del sesso li ha scelti come pupilli, ma davanti a loro è meglio scappare perché dopo aver avuto un assaggio del paradiso è difficile cedere il proprio posto ad altri.
Raffaele mi distrae da questi pensieri, lui che è sicuramente uno di quegli eletti sopracitati, e mi afferra per il braccio.
-Non essere dura con me, tu lo sai chi sono io?-
Rabbrividisco per come ha detto quelle parole, ricordando di tanti momenti dolci che da un anno e mezzo oramai passiamo assieme, da quella notte di maggio fino adesso al tenero aprile dell’anno dopo ci siamo amati continuamente, oramai so la perfetta consistenza del suo corpo in ogni punto e so bearmi di ogni suo sorriso con ingordigia e senza minima traccia di pudore.
Tanto è cambiato da allora.
Con lo stesso tono, mesto e perentorio, seducente e pericoloso, rispondo.
-No, chi sei tu, mi bel fanciullo bruno?-
Lui si allontana da me e fa tra giravolte, completamente pazzo e incurante di mostrare agli altri la sua follia.
-Oberon è il mio nome! Oberon re della fate!- grida scatenato, facendo un profondo inchino.
Rido guardandomi attorno, ringraziando che non ci sia nessuno oltre me che possa assistere a tale performance, ma del resto chi potrebbe vederlo?
Faccio l’aria stupita e mi inchino a mia volta.
-Mi perdoni mio signore, non l’avevo riconosciuta, devo avvertire sua moglie del suo arrivo?- dico recitando la parte dell’ancella di Titania, regina delle fate e moglie di Oberon nella commedia Sogno di una Notte di Mezza Estate.
Lui fa una faccia preoccupata, si avvicina rapidamente e mi tappa la bocca portandosi un dito alle labbra.
-Shhh, zitta se no mia moglie ci sente, abbiamo poco tempo.- mormora poi abbassando lo sguardo mi fa capire ciò che vorrebbe fare.
Lo allontano da me con un spintone.
-Ah si, vuoi solo una misera sveltina?- grido ridendo e provocando risate convulse anche a lui.
Ancora ridendo ci sediamo su una panchina e ammiriamo il mare davanti a noi.
-Bello eh?-
Lui annuisce.
-Un paesaggio come tanti direi, non tanto bello da causare meraviglia ma abbastanza piacente da permetterci di fare inutili osservazioni, tanto vale dire che bel tempo che c’è oggi.- replica inaspettatamente.
-Ma se fino a poco fa pioveva.- affermo alzando di poco la voce.
-Appunto, ha lo stesso tasso di inutilità.-
Sospiro, quando si mette in testa qualcosa, impossibile fermarlo.
Raffaele comincia a canticchiare una canzoncina tecno che va di moda, non una di quelle che io ascolto e che quindi lui conosce bene, ma una di quelle che devo aver sentito per strada.
-Scomparirai presto?- domando improvvisamente seria.
Lui si volta verso di me, gli occhi azzurri quasi vacui si piantano sui miei, paiono gelati.
-Vuoi che scompaia?- domanda serio, come mai l’avevo sentito.
Abbasso lo sguardo non sapendo cosa rispondere.
Ovvio che non voglio che scompaia, però so che non potrei mai vivere davvero finché lui è qui con me ventiquattro ore su ventiquattro.
-Io, non lo so.- dico appena. –Come si può…come si può vivere di immaginazione, non si può, non voglio rimanere sola. Non posso rimanere sola.-
Mi volto per guardarlo e cercare conferme nei suoi occhi, ma non c’è più.
Se n’è andato.

La sveglia non è un utile strumento, è piuttosto un’arma di tortura medievale, ancora più crudele e spregevole se il suo compito è svegliare una povera studentessa.
Apro gli occhi guardandola con disprezzo e con ancora più disprezzo la spengo con forza, volendo in qualche modo farle del male, ma ottenendo l’effetto di far male solo a me.
Sono decisamente arrabbiata, anzi di più sono proprio incazzata nera.
Mi manca il mio uomo, e visto e considerando che l’ho mandato via io non me la sento proprio di essere clemente con me stessa, quindi vieni malumore! Sei il benvenuto!
Ovviamente cerco di convincere mia madre a non mandarmi a scuola stamattina, per aiutare la mia causa dico che c’è solo assemblea d’istituto quindi è inutile andare, nulla da fare il fatto che ci sia assemblea anzi è un incentivo ad andare, se c’è assemblea ti diverti solo coi tuoi compagni.
Come se volessi divertirmi coi miei compagni ogni stramaledetto istante della mia miserabile vita.
Ovviamente questa deliziosa diatriba mattutina mi fa ritardare tanto per dare un’occasione alla mia prof di italiano di guardarmi con la faccia da cucciolo indifeso e mormorare una sorta di oscenità assolutamente deliziose.
Tutto stamattina è delizioso.
Inquadro subito dove si sono acquattati i miei due migliori amici, sono all’ultimo banco ovviamente ed è lì che poso scocciata la mia pseudo borsa. Do un bacio ad entrambi i miei compagni di sventure e mi siedo.
-Ehi che hai? Sembra che ti ha morso la tarantola.- fa Alessandro Venuti altresì detto Alex, un ragazzo alto e ben piazzato mio amico da tempo immemore.
-No, stavolta mi ha morso mia madre.- commento.
-Avete litigato?- domanda allora Cristina, la mia compagna di sventure per eccellenza.
-Naaa, non litigato, amichevolmente discorso direi piuttosto.-
La mia amica decide consapevolmente di lasciar stare.
-Allora su quali intelligenti argomenti tratta l’assemblea?- butto lì visto che nessuno è tanto sveglio da cominciare una vera e propria discussione.
Alex fa una smorfia di puro disgusto.
-Quell’intelligentone del nostro rappresentante d’istituto se li è dimenticati e visto che a quanto pare in questa cavolo di succursale l’unico nostro appiglio con la centrale è proprio lui siamo fottuti.-
-In poche parole finché non verranno magicamente i punti all’ordine del giorno alla mente del nostro idiota preferito, staremo qui a non fare assolutamente nulla.- chiarisce Cristin.
Chiudo gli occhi schifata come non mai.
Peggio di così non può andare.
Ma la porta della mia classe viene aperta e compare il nostro idiota preferito, preferito è un eufemismo, che con la sua solita aria da rock star drogata e soprattutto malata, si avvicina ai rappresentanti di classe e comincia ad elencare i vari punti all’ordine del giorno.
Nel frattempo sulla porta sono stabiliti il suo sciame di compari, che si sono posizionati come uno sciame di api assassine pronte ad azzannare chiunque osi toccare il loro master.
Uno solo si distingue fra loro, o forse sono io a distinguerlo chissà, è Raffaele Antonelli, si è tagliato i capelli, adesso li porta molto corti, ecco l’espediente utilizzato per tenerli finalmente in ordine.
Distolgo lo sguardo e partecipo alla stupido gioco dell’impiccato che sembra l’unica fonte di salvezza davanti a cotanta snob presenza.
Proprio quando sono sull’orlo di vincere pronunciando la frase che sono finalmente riuscita a decifrare ovvero “Mary She rides on my english teacher!”, frase profetica per la mia classe, Alex mi pesta il piede.
-Ehi.- mi fa qualcuno mettendomi una mano sulla spalla.
Mano sulla spalla, più il pestaggio del mio povero piede non è mai un buon segno.
Mi volto e mi trovo davanti Raffaele.
-Ciao, ma tu fai parte del giornalino scolastico?-
Emetto un cenno di assenso chiedendomi se l’universo sta malvagiamente complottando contro di me.
-Bè allora forse mi puoi aiutare, volevamo mettere lì l’annuncio di una festa che stiamo organizzando io e i rappresentanti d’istituto.-
Scuoto la testa, felice di dovergli dare buca.
-Mi dispiace.- bugia, bugia, bugia. –Ma non si pubblicizzare nulla sul giornalino scolastico, regolamento d’istituto.- biascico.
Posso vedere Alex fare un sorrisetto cattivo mentre Cristin è molto concentrata a guardare.
-Peccato.- fa il moro, il bellissimo moro. –Comunque la festa è al Thirthy, tu che fai vai?-
Le campane dell’apocalisse stanno suonando, le sento.
-Non penso.- rispondo sconcertata.
-Io ci vado.- afferma con sicurezza.
Si e grazie al ca…grazie alla pace nel mondo.
Emetto un altro verso perché non so che rispondere, ma lui non si arrende.
I glaciali occhi azzurri vacui mi fissano incoraggianti.
-Dai vieni, se vieni ti offro da bere.- dopo aver detto questo qualcuno lo chiama e lui si volta per dare ascolto ai suoi amici.
A quanto pare la nostra personale rock star malata di terza categoria ha finito di adempiere con alacrità ai suoi doveri di rappresentante d’istituto.
-Ci conto e…- dice allora dandomi un bacio sulla guancia.
Un bacio diretto, uno di quei baci in cui pare che senti secondo dopo secondo il soffermarsi di quelle labbra e avverti un turbinio di sensazioni sconcertanti.
Quando smetto di pensare convulsamente a cosa è successo Cristin mi prende per mano e mi conduce fuori dall’aula, dicendo alla professoressa che ha il ciclo, che deve urgentemente andare in bagno e che io devo assisterla in quella difficile missione.
Per tutti gli insegnanti una persona in più al bagno non aiuta chi ha le mestruazioni, è solo una bufala per uscire in due.
Infatti mi deposita come se fossi una pezza umana sul termosifone che si trova davanti all’aula accanto alla nostra.
-Raffaele Antonelli ti ha praticamente invitata ad uscire.- dice con tono perentorio.
-Eh.- mi ritrovo a rispondere non sapendo che dire o soltanto come reagire.
-Che farai? Ci vai?- mi chiede esasperata dalla mia apatia, anche se più che apatia è sconcerto.
-Non penso.-
-Sicura? In primo eri cotta di lui.- mi ricorda la mia carissima amica, che al momento vorrei strozzare.
Poverina, infondo lei non sa…
-Si ma ero una stupida primina del cavolo!- strillo esasperata dall’assurdità della situazione, proprio ieri io ho lasciato il mio uomo.
-Si, ma lui è ancora un gran bel ragazzo, e potrei dire di peggio.-
-Sarà anche un bel ragazzo, ma che ne so! Mi sono così tanto abituata ad odiarlo perché fa parte dei seguaci del cretino per eccellenza e ora. Non so se posso cambiare idea.- spiego.
-Ma cavolo!- fa lei ad alta voce facendomi saltare in aria. –Devi smetterla di trovare difetti a tutti, non ti piacciono i suoi amici? Ok, trovo la cosa perfettamente ragionevole, ma tu devi stare con lui non con i suoi amici.-
-Ma, ma oltre questo è un pluribocciato.- dico arrancando scuse.
Lei mi guarda facendomi capire la stupidità di ciò che ho detto.
-Eh io non posso.- dico finalmente. –Non posso, non dopo ieri non dopo aver perso.- le parole mi muoiono in bocca, mi rendo conto che ho detto troppo.
-Aspetta, aspetta.- fa Cristin. –Di che stai blaterando?-
Mi metto le mani sul viso e ricaccio che lacrime che abbondantemente si accumulano nei miei occhi portandomi quasi a cedere.
Ma non voglio.
Raffaele, raffaele, raffaele. Tutta colpa tua.
Levo le mani dal viso, mostrando agli occhi della mia amica che non sto soffrendo come un cane, cosa falsa, ma almeno mi risparmi domande alle quali ho paura a rispondere.
-Di nulla, di nulla.- la seconda volta lo dico con maggior convinzione, tanto che lei si rilassa o finge di credermi. Non so.
-Secondo me, dovresti andare.- aggiunse soltanto la mia più cara amica, con aria sommessa.
Odio vederla così, perché punto prima non riesco a dirle di no, punto secondo perché probabilmente ha ragione lei.
-Sai che faccio, non vado alla festa perché non ne ho decisamente voglia, ma vado a dirgli che può mettere sul giornalino quello stupido annuncio.- del resto era una cattiva azione gratuita e io non amo sfidare il mio karma.
C’è un solo posto dove la rock star di terza categoria sta con il suo solito entourage durante le assemblee di classe, eventi a cui lui ed i suoi adepti erano esentati: nell’androne vicino alle macchinette.
Cristin rientra in classe e come da stabilito dice che devo parlare con la prof responsabile del giornalino, cosa vera peraltro.
Scendo le scale e vedo subito la mia preda, che solo pochi attimi prima è stato il mio carnefice, è di fronte alla rock star, vedo i suoi capelli castani che credo di conoscere meglio di chiunque al mondo, però sono così corti, a me piacciono lunghi e perennemente spettinati, come sono quelli del mio uomo.
Chiudo gli occhi e mi mordo la lingua, devo smettere di pensare a lui, al mio uomo dai capelli lunghi e spettinati, se n’è andato. Mi viene quasi da piangere eppure mi trattengo.
La rock star mal riuscita fa un cenno e Raffaele e lui mi individua subito, così gli faccio segno e lui si avvicina.
-Senti, scusa, ma ho pensato che non dovrebbe essere poi così difficile convincere le prof a far pubblicare la locandina della festa.- dico con la coda fra le gambe e posso solo immaginare le tremenda punizione alla quale Alex mi sottoporrà.
Era così fiero di me. Ma purtroppo le cause del cuore hanno priorità.
Anche se questa è più una causa di sensi di colpa, eppure non riesco facilmente a dire cosa avrei teoricamente fatto di così imperdonabile.
La faccia di Raffaele passa dal, sono algido figo e con un gruppo di amici cazzutissimi, a, sono la persona più felice del mondo e sorrido come un bambino di cinque anni, quanto mi era mancato quel sorriso da bambino.
Ma la verità è che non è questo il sorriso che voglio ottenere, è un sorriso meno dolce, tirato, coperto in gran parte da dei lunghi capelli castani.
-Grazie, ci salvi la vita! L’abbiamo organizzata all’ultimo e ci serve un veloce mezzo di comunicazione.- dice lui, ma io ho qualche dubbio, tra face book i cellulare e il passaparola non doveva esser poi tanto complicato.
-Ok, hai questa locandina con te?- faccio io sbrigativa, sentendomi fortemente a disagio.
Lui mi rivolge un sorriso, aihmè, molto affascinante.
-Certo, ce l’ho nella sacca.- detto ciò si mette subito a trafficare nelle sua sacca, alla ricerca della locandina perduta.
-Più che in versione cartacea mi servirebbe su una pennina.- dico allora prima che mi mostri uno dei loro scherzi della grafica.
-Ce l’ho.- risponde cercando ancora.
Lo guardo trafficare e noto la lunga schiena e il sedere sodo ma poco pronunciato, si certo, il corpo è lo stesso, è lo stesso bellissimo corpo. Eppure perché continuo a sentire che manca qualcosa, qualcosa di vitale, necessario.
Lui si alza, si abbassa il giubbotto e mi porge la pen drive.
-Ok, se ci sono problemi te lo faccio sapere, ma non credo, il giornalino esce tra una settimana. Ciao.- faccio di fretta contenta di aver esaurito i miei minuti di angoscia e mi giro.
-Aspetta.- mi fa lui prendendomi il braccio, questa scena mi ricorda troppo quella di due settimane fa e mi monta dentro una rabbia, e con essa una lacrima.
Lui la vede e assume un’espressione sbigottita, mi guarda stralunato.
-Scusa.- dico cercando di darmi un contegno e cercando di non fargli capire il mio orribile stato d’animo.
-Tutto apposto?- mi chiede preoccupato, ma perché diavolo sarà preoccupato? Manco mi conosce.
-No, è solo che, mi sono lasciata da poco col mio ragazzo e sono giù, ecco tutto.- mento spudoratamente e dico la più grande delle verità allo stesso tempo.
La verità è una e una soltanto però, la verità è che quando ero in primo mi sono presa una cotta per Raffaele Antonelli ed ho cominciato a fantasticare, ho fantasticato tanto che la figura nella mia testa ha preso vita propria, il mio Raffaele non era più Raffaele Antonelli,bensì il mio unico e solo Raffaele personale che si avvicinava quando volevo e si allontanava sempre al momento giusto. Mentre il vero Raffaele era finito nel dimenticatoio e chi l’aveva più voluto vedere.
Vivevo e vivo uno stupido amore immaginario e ora, non vedere ad ogni angolo il mio personale angelo custode mi spezza il cuore che palpita nel mio petto, lo fa in così tanti pezzi che potrei disseminarli per tutta la succursale e la centrale.
Voglio nuovamente il mio Raffaele dai capelli lunghi e dagli occhi vacui, il Raffaele che si fa chiamare Oberon e che è il re delle fate. Voglio il mio Raffaele re del mio cuore, che mi fa eccitare e sognare senza bisogno di toccarmi.
Eppure lui non compare, per quanto mi sforzo non lo vedo.
Intanto il vero Raffaele mi prende per mano e mi incita ad andare con lui.
-Ehi dove andiamo?- chiedo stupefatta.
Lui mi porta nel luogo più stupido del mondo, in bagno.
-Hai bisogno di darti una sciacquata al viso e di asciugarti le lacrime, del resto non vorrai permettere ad uno stronzo qualsiasi di farti soffrire.- dice porgendomi dei fazzoletti.
Più per spirito d’inerzia che per altro faccio come dice anche se avrei voglia di urlare che lui non è uno stronzo, ma è la persona, inesistente, migliore di questo pianeta.
Dopo quell’imbarazzante seduta mi conduce in un cortile interno e si siede con me.
-Ora stai meglio?- domanda premuroso mettendomi una mano sulla spalla.
Mi fa impressione avvertire così chiaramente la sua presenza fisica, col mio Raffaele per forza di cose, il contatto, seppur intimo era sempre labile, così mi sorprende sentire la mano del vero Raffaele così solida su di me.
-Si, ma scusa, come mai te ne importa così tanto, voglio dire, noi non siamo amici.- dico troppo incuriosita, amareggiata e sorpresa dal suo comportamento.
-Devo essere tuo amico per preoccuparmi? Poi non potremmo in quest’occasione diventarlo?- replica subito.
-Non capisco, scusa tanto ma sono anni che ci conosciamo e non hai mai dimostrato alcuna intenzione di diventare mio amico, ed ora cambi idea così di colpo?-
Lui da che mi guardava a che sposta il suo sguardo, guardandosi le mani.
-Prima non è capitato, forse è destino che capiti ora.- dice allora e contemporaneamente torna a puntare i suoi occhi sui miei.
-Forse prima ti avevo davanti e non ti vedevo.- aggiunge poi serafico.
Mai i suoi occhi mi sono apparsi così risoluto, così tenaci.
Io mi volto dall’altro lato decidendo arbitrariamente di prender male le sue parole, ah prima lo stronzo può ignorarmi mentre io gli morivo dietro e ora di colpo ha deciso di considerarmi, grande coerenza non c’è che dire.
Intanto che io sono intenta in queste elucubrazioni la sua mano mi prende il mento e mi fa voltare, dopo ciò trovo quelle sue labbra così squisitamente calde sulle mie.
Rimango immobile basita da questo contatto inaspettato, poi la sua stretta si fa più forte, mi afferra le braccia e mi stringe a se, le sue labbra intanto succhiano le mie, cercando di farmi aprire la bocca.
Obbedisco d’istinto e lascio che il suo bacio si intensifichi, ma ancora sono passiva, poi presa dal momento e dalla dolcezza comincio a reagire, prima piano poi con sempre maggiore brama, come se quelle labbra fossero la cosa più buona mai provata. Ed è proprio in quel momento che mi fermo e lo allontano.
Ma che diamine sto facendo! Mi appello alla mia mente ma lei non mi fornisce nessun aiuto e mi nega il mio Raffaele con forza, lasciandomi così in balia di quello reale.
-Qualcosa non va?- domanda infatti alzandosi e fronteggiandomi,
Cavolo non mi ero neanche resa conto di essermi alzata, mi allontano.
-Si, io sono appena uscita da una relazione particolare che manco so se è chiusa, senza contare che tra noi non c’è mai stato nulla, siamo sempre e solo stati conoscenti e adesso tutto questo all’improvviso io…io non sono preparata a tutto ciò, scusami tanto ma ho altro a cui pensare.- farnetico parole senza senso e me ne scappo con tutta la rapidità degna di una gazzella africana che scappa da una famelica pantera.
In classe per più di un ora i miei due compagni di sventure cercano di estorcermi la verità su ciò che è accaduto ma la mia lingua si rifiuta di parlare, troppo lavoro forse, e la mia testa è troppo spaventata da un’altra avvilente consapevolezza.
Non riesco più a vedere il mio Raffaele.
Una cosa è non volerlo vedere avendo la certezza che basti un attimo per riaverlo accanto che fa boccacce o che si mette in pose sexy apposta per me, un’altra cosa è non poterlo più vedere.
Oltre quello il fatto che il ragazzo per cui avevo una cotta allucinante in primo e che mi ha sempre ignorata mi ha baciata come se ne avesse estremo bisogno, come se non toccasse una femmina da anni.
Cosa oltremodo falsa visto che fino a un mese fa era felicemente fidanzato e poi felicemente single e sessualmente attivo.
Chiudo gli occhi e mi accascio sul banco.
Raffaele, dove sei?

È passata una settimana, una terribile e stressante settimana, e adesso non so davvero che cosa fare.
Non riesco più a vedere Raffaele e non faccio altro che piangere ininterrottamente, è come se fosse morto, sparito, perduto.
Poi c’è l’altro Raffaele che, forse eccitato dal mio astruso rifiuto, ha deciso di corteggiarmi ufficialmente e molto tenacemente, oramai non so più se cedere o meno.
Ma la verità è che non me ne frega nulla di nulla, io di solo una persona ho bisogno, e per quanto abbia lo stesso aspetto di quella persona non è quella persona.
Di quella persona che fa parte di me, che è solo una mia fantasia, ma è così reale come fantasia, così comprensiva, dolce e folle al tempo stesso. Così al di fuori di quella sciocca vita scolastica, così al di fuori del mondo per come lo conosco.
Io voglio solo il mio Raffaele/Oberon re delle fate.
Lascio libero il mio cane che comincia a scorazzare per ogni dove, mentre io mi sdraio sulla sabbia e mi metto le braccia sul viso, non voglio più vedere nulla.
“Voglio il mio Oberon, voglio il mio re delle fate.” grido disperata in un grido mentale, un grido d’appello.
Almeno un’ultima volta, almeno quella.
Voglio il mio Oberon!
Passano minuti interminabili, e il sole sta per tramontare, presto sarà meglio allontanarmi di lì.
Abbasso le braccia adesso tutte fradice di lacrime pungenti, mi volto e vedo qualcosa stagliarsi all’orizzonte del sole.
Possibile che sia.
Mi metto seduta e cerco di focalizzare lo sguardo.
I capelli castani, lunghi fino al collo gli cadono spettinati coprendogli il viso, eppure gli occhi azzurri e terribilmente vacui sono facilmente distinguibili comunque.
Così anche la sottile linea della sue labbra tese in un sorriso sornione.
“È tornato.” penso contenta. “È tornato da me.”
Mi alzo e lo guardo, il tramonto dà al suo corpo un’aurea rossastra, i capelli sembrano tinti di rosso e le sue labbra splendono invitanti.
-Hai chiamato il tuo Oberon al tuo cospetto?- domanda con voce folle, la sua voce folle.
Comincio a piangere ma di gioia, lo vedo.
-Ti vedo.- dico anche se è una cosa ovvia visto che appare chiaro di fronte a me.
-Ti vedo!!- grido.
Lui sorride.
-Mi vedrai ogni volta che vorrai.- promette avvicinandomi pericolosamente a me.
Mi bevo la sua presenza a grandi sorsi, assolutamente riempita di lui.
-Non scomparirai più?-domando ancora spaventata alla sola idea.
-Mai più.- promette serio vicino al mio viso.
Le nostre fronti si sfiorano e posso sentire i suoi capelli accarezzarmi il viso, il suo fiato caldo mi lambisce le guance.
-Ti amo.- dico stupidamente.
Lui allora si stacca un attimo e mi guarda con tenerezza.
-Ti amo.- dice allora, poi si abbassa leggermente per far in modo che i nostri occhi fossero alla stessa altezza. –Ti amo, ti amo, ti amo, sono tuo, come mai nessun uomo è stato di una donna.-
Il cuore mi trema e sento che sto per cadere dalla gioia.
Poi ecco di nuovo l’insidioso senso di colpa che mi suggerisce che tutto ciò che sto vivendo è una sciocca favola, una pura invenzione.
Una banale fantasia perversa, eppure anche se è una fantasia, anche se la mia è perversione, solo lei mi rende felice.
-Mio re, ma tutto ciò accade solo nella mia testa vero?- domando con le lacrime agli occhi.
Lui scrolla il capo in cenno di assenso, ma i suoi occhi non sono per nulla tristi, anzi vi leggo del trionfo.
-Se tu ami, ridi, piangi con me e per me, allora mi spieghi come fai a dire che non sono reale? Come fai a dire che io non sono sempre accanto a te quando mi vedi e mi senti continuamente? Come fai anche solo a pensare che l’amore che provi sia stupido o falso, ma peggio ancora come fai a pensare che l’amore che provo io sia falso? Non lo senti? Con tutto questo amore potrei fermare le onde e far tremare la volta del cielo, questo amore può cambiare qualsiasi cosa. E tu ancora lo indichi come poco reale?- poi prende la mia mano, si la prende davvero, e la mette sul suo petto e per Iddio io la sento, sento la sua pelle materiale come ho sentito una settimana fa la stretta di Raffaele. –Mi senti? Mi vedi e ora mi tocchi. Io sono qui, sono il tuo angelo, sono il tuo Oberon re delle fate. E ora questo tuo re ha imparato a farsi sentire, non permetterò mai più alla tua mente di dubitare. Io sono qui.- dice con voce calda e tonante.
-Mi senti?- domanda semplicemente poi.
Annuisco.
-Si, ti sento.-


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VOTO: (1 voto, 1 commento)
 
COMMENTI:
Trovato 1 commento
asy-kimera-neve - Voto: 13/02/10 12:38
è stupendoooo!!!!!
veramente ben scritto e la storia è dolcixxxxxxxxxxxima!!!
complimenti!!
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