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Categoria: Manga e Anime
Dalla Serie: Beyblade (Bakuten Shoot Beyblade)
Titolo Fanfic: UN PASSO INDIETRO
Genere: Romantico, Commedia
Rating: Per Tutte le età
Avviso: What if? (E se...)
Autore: simmy-lu galleria  scrivi - profilo
Pubblicata: 11/07/2009 18:13:02 (ultimo inserimento: 04/02/10)

Kai Hiwatari, ormai adulto, lavora nell'azienda di famiglia di cui il nonno è ancora il presidente e conduce una vita che pare non soddisfarlo...
 
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PRIMA PARTE
- Capitolo 1° -

UN PASSO INDIETRO

di SimmyLu





Sfilò la cravatta e sbottonò un po' la camicia.
Un orologio dal design originale e bizzarro ticchettava monotono sulla scrivania, le lancette sbilenche indicavano maldestre mezzogiorno anche se gli unici numeri visibili erano il due, il quattro e l'otto. Non riusciva a ricordare da dove arrivasse quell'oggetto dalla forma discutibile.
Erano i primi giorni di luglio e il suo ampio ufficio si stava trasformando letteralmente in un forno; l'aria era ferma e pesante come ogni estate. I volumi spessi e scuri sulle librerie che lo circondavano da ambo i lati sembravano avanzare per chiuderlo in una morsa. Non poteva credere che tutti quei fascicoli e dossier fossero dello stesso tetro colore e, soprattutto, che a sceglierli fosse stato lui.
Appoggiò i gomiti sulla scrivania e si concesse un'altra occhiata all'orologio, le lancette non si erano mosse, ma quella telefonata si stava protraendo un po' troppo per i suoi gusti.
«Sì, va bene, Hitoshi.» disse privo di qualsiasi entusiasmo o emozione, giocherellando con una penna.
«Dovresti capire che il motivo per cui devi venire non è farmi smettere di assillarti, Kai! Non puoi metterti in testa di organizzare un evento simile e poi disinteressarti completamente alla...»
Kai Hiwatari allontanò la cornetta, giusto per il tempo di concedersi una smorfia di insofferenza. Ebbe l'incredibile tentazione di riagganciare, ma ci ripensò: non desiderava affatto sorbirsi un'altra predica sull'educazione dal fratello di Takao.
Riavvicinò il telefono all'orecchio per sentire a che punto poteva essere arrivato lo sproloquio: «...io non so cosa ti passi per la testa quando...»
«Bla, bla, bla.» disse sottovoce separandosi nuovamente dal ricevitore e posandolo sulla scrivania. Approfittò della pausa e mise in ordine alcuni dei documenti che aveva letto e firmato poco prima, impilandoli a lato del tavolo come faceva ogni giorno in modo che la sua segretaria potesse riconoscere quali portare via e quali lasciare. Si alzò dalla sedia, si diresse verso la grande finestra che occupava quasi tutta la parete e la aprì; l'aria fresca sul viso attenuò in minima parte la sensazione di spossatezza data dal caldo estivo. In realtà nell'ufficio era installato un condizionatore, ma preferiva non utilizzarlo perché non sopportava la differenza di temperatura che percepiva una volta lasciata la stanza. Si affacciò e guardò di sotto: in strada le macchine si fermavano all'incrocio poco distante e sull'attraversamento pedonale una scolaresca marciava perfetta nell'uniforme a calzoncini corti ed ordinata in fila per due, come consuetudine. Chiudeva la fila un ultimo bambino tenuto per mano da una delle due insegnanti che accompagnavano la classe. La divisa verde dei fanciulli li faceva assomigliare ad un grosso e allegro bruco saltellante.
Sbuffando, Kai chiuse la finestra e tornò alla scrivania. Quando riprese in mano il telefono, Hitoshi Kinomiya stava ancora parlando: «...insomma, per farla breve, gradirei che facessi un salto qui oggi. Mi stai ascoltando?»
«Ma certo.» rispose Kai con velata ironia passandosi una mano sugli occhi stanchi.
«Bene, perché devi occuparti di quella scenografa che ti sei dato la pena di scegliere! Trova sempre un nuovo pretesto per rallentare i lavori litigando con l'architetto!»
Kai sbuffò ormai infastidito; Hitoshi riusciva ad essere tanto logorroico ed estenuante da esaurire da solo tutta la sua poca pazienza, non c'era affatto bisogno di uno scenografo piantagrane che lo aiutasse ad assolvere il gravoso compito.
«Non voglio sentire altro. Passerò allo stadio oggi pomeriggio per le quindici.»
Il fratello di Takao, ora soddisfatto, aggiunse qualcosa che però Kai non afferrò perché avevano appena bussato alla porta, non che fosse comunque troppo interessato a scoprire di cosa si trattasse.
Scandì un «Avanti.» coprendo la parte inferiore della cornetta con la mano.
«Signor Hiwatari...» disse una giovane donna entrando.
Kai le indicò i documenti sulla scrivania e terminò la telefonata con un risoluto «A più tardi.» e ripose il ricevitore con un sospiro di sollievo.
La ragazza gli rivolse un'occhiata interessata mentre prendeva i fogli dal tavolo; si era tolto la cravatta e con i capelli leggermente in disordine era anche meglio del solito.
Kai Hiwatari era uno degli uomini più belli e affascinanti che avesse mai incontrato, un uomo ricco che le sarebbe piaciuto conquistare. A questo scopo si truccava con cura ogni mattina, cercava sempre di sorridere in sua presenza e di mostrarsi il più cordiale e gentile possibile. Purtroppo né il suo atteggiamento disponibile e civettuolo né una gonna di qualche centimetro più corta sembravano in grado di fare qualcosa affinché lui la notasse. Si riteneva bella abbastanza per suscitarne l'interesse, ma pareva che il suo superiore fosse ben intenzionato a seguire la regola del non avere legami sentimentali con colleghi di lavoro, cosa che la indispettiva e l'aveva portata inevitabilmente a chiedersi se frequentasse un'altra donna. La risposta negativa era però evidente: tutte le telefonate e la corrispondenza a lui indirizzate, passavano prima al suo vaglio, in quanto segretaria personale, e si sarebbe sicuramente accorta della presenza, per quanto abilmente celata dal carattere riservato e taciturno dell'uomo, di una relazione amorosa. Infatti le missive strettamente private, così come le telefonate dello stesso genere, erano tanto sporadiche da poter essere tenute a mente senza problemi e nessuna di esse aveva come mittente una possibile amante. Questo le conferiva il coraggio che la spingeva a tentare un approccio, ma intavolare una conversazione con lui sembrava al di là delle capacità umane; appariva sempre distante, annoiato e mai entusiasta anche quando concludeva un buon affare con un cliente importante e questo le impediva di poter scambiare con lui più di una manciata di parole che non riguardassero l'incarico svolto.
Non ricordava di averlo mai visto sorridere da quando lavorava per la compagnia Hiwatari.
«Ancora Hitoshi Kinomiya.» disse, sperando di non essere redarguita per avergli passato la telefonata.
«Già, credo si diverta ad irritarmi.» le rispose prendendo un fascicolo e sfogliandolo.
La ragazza rimase a fissarlo cercando qualcosa da dire: era un'ottima occasione per fare una battuta spiritosa in proposito, ben sapendo quanto il suo capo mal sopportasse le continue chiamate di quell'individuo. Sfortunatamente non le venne in mente nulla di brillante e fece la figura della stupida imbambolata quando lui alzò la testa e la guardò interrogativamente.
Perché era ancora lì?
«Ah..! Dimenticavo di riferirle che ha chiamato il presidente Soichiro Hiwatari.» disse cercando di riprendersi dalla gaffe.
«Cosa vuole?» domandò Kai riportando l'attenzione sulla cartella.
«Siccome era occupato con Kinomiya, ho preso il messaggio per lei. Il presidente desidera che lo raggiunga per le sedici al Golden Hotel per incontrare il responsabile della Kobai. Ho controllato che non avesse altri impegni per la stessa ora e ho confermato. Non credo che il presidente avrebbe accettato un "no" come risposta.» spiegò, mostrandosi efficiente.
«Ha ragione, grazie.» convenne meccanicamente.
La segretaria si congedò, delusa, mentre Kai chiudeva il fascicolo e lo riponeva malamente sulla pila. Fu in quell'istante che si ricordò di aver promesso ad Hitoshi di incontrarlo alle quindici. Il tempo era poco, ma non poteva disdire né con Kinomiya né tantomeno con suo nonno. Doveva concludere velocemente con il primo per arrivare puntuale all'incontro con il responsabile della Kobai. Non era troppo difficile, ma sicuramente Hitoshi avrebbe avuto da ridire. Cercò di evitare di immaginarsi la scena e si allungò sulla sedia facendo piegare indietro lo schienale.
Fissò il soffitto.
Sentì la sua mente affollarsi di pensieri ma non afferrarne nessuno. L'ufficio era ampio, vuoto e silenzioso. Chiuse gli occhi provando una sensazione di solitudine e fiacchezza.
Lontano, da qualche parte, il rumore del traffico era un sottofondo fastidioso.
L'orologio sulla scrivania ticchettava inesorabile.



Michi Shin si sistemò la coda di cavallo e mise le mani sui fianchi, imbronciata, stanca, ma determinata. Aveva passato la notte precedente ad apportare al suo progetto le modifiche necessarie per adeguarsi alle esigenze di costruzione, facendo in modo che la struttura non perdesse coerenza estetica.
A quanto sembrava, però, tutto il suo lavoro e la notte insonne erano state inutili perché l'architetto responsabile le aveva ripetuto che quella parte non era realizzabile ed ora le stava elencando una serie di dubbie motivazioni per avvalorare la sua tesi.
Michi alzò gli occhi al cielo, o meglio, sul soffitto della grande arena dello stadio in cui gli operai avevano ripreso a lavorare dopo la pausa pranzo. Alcuni di loro osarono guardare nella sua direzione per vedere come sarebbe finita la sua ennesima discussione con l'architetto; altri, quelli sulle gradinate più alte parevano non essersi accorti di ciò che stava accadendo più in basso o, più semplicemente, non erano interessati ad assistere alla stessa scena del giorno precedente e di quello prima ancora.
«Ho detto no!» esordì, «Non cambierò ancora il disegno dell'ala est. Non credo affatto che non sia possibile...»
«Quelle rampe sono troppo in alto!» la interruppe l'architetto, «Una scossa abbastanza violenta basterebbe per farle oscillare o addirittura per romperle! Dei detriti potrebbero finire sul pubblico.»
L'uomo di fronte a lei aveva il doppio della sua età e probabilmente metà della sua fantasia; Michi osservò i suoi occhi oltre le lenti che portava, spesse come fondi di bottiglia. Era quasi completamente calvo e con il sudore che cominciò ad imperlargli la fronte le apparve nel complesso abbastanza buffo, ma se fosse dipeso da lui, il suo progetto sarebbe finito fuori dalla finestra in tanti pezzetti di carta straccia, e tutta l'ilare simpatia che l'aspetto dell'architetto suggeriva non bastò per placare il suo spirito battagliero.
Pochi degli stadi realizzati per le competizioni precedenti erano piaciuti a Michi Shin. Il suo progetto era di gran lunga più originale e rappresentava per lei una grande opportunità per l'evoluzione della sua carriera, un trampolino per qualcosa di più delle misere scenografie che realizzava per i programmi per l'infanzia delle reti locali.
Il Beyblade Championship era l'occasione per cambiare la sua vita, una vetrina per la sua creatività. Aveva presentato il proprio curriculum e uno schizzo del progetto con entusiasmo, ben sapendo che con la sua poca esperienza difficilmente avrebbe ottenuto il lavoro. A dispetto delle aspettative era accaduto il contrario, al posto di qualcuno famoso e già affermato, avevano scelto proprio lei. Dopo l'assunzione, Michi credeva di aver superato l'ostacolo più grande, ma ovviamente si sbagliava: il progetto era complicato e ardimentoso, procurava continui diverbi, notti passate a lavorare e minacce di licenziamento.
«Non si può fare una cosa del genere!» disse l'uomo indicando un punto imprecisato dello spazio.
«Io sono convinta che si possa fare, invece!» si oppose, ormai al limite della sopportazione, non era mai stata una persona di grande pazienza, ma era fermamente convinta che il suo progetto fosse più che fattibile.
Certo, forse solo un po' contorto...
«Lei non ha le competenze necessarie per...»
«Io non ho le competenze necessarie?! Stiamo parlando di una rampa!»
Ormai stava alzando la voce e il viso le si stava colorando per l'agitazione. Tutte le persone presenti nello stadio avevano interrotto le loro occupazioni, qualsiasi esse fossero, e li fissavano curiosi e intimoriti.
Una delle porte che dai corridoi di affacciavano alle tribune si spalancò all'improvviso con gran baccano.
«Signorina Shin!!» tuonò una voce che con rammarico Michi riconobbe all'istante.
Hitoshi Kinomiya aveva la sgradevole abitudine di comparire a sorpresa, da postazioni elevate se gli riusciva, come in quel caso, e monopolizzare l'attenzione sulla propria persona.
Dall'alto della sua posizione abbracciò con lo sguardo tutto lo stadio e una volta assicuratosi l'interesse generale, si rivolse nuovamente alla ragazza che ormai era precipitata nell'imbarazzo di ritrovarsi al centro della situazione: «Come al solito...»
«...sei un esibizionista.»
Tutti si voltarono a guardare esattamente dalla parte opposta: Kai Hiwatari fece il suo ingresso, poco trionfale, ma decisamente tempestivo, da una delle entrate del pian terreno lasciate aperte per i lavori. Teneva con una mano la giacca del completo sulla spalla con l'aria naturale di chi si trova a casa propria.
Michi Shin arrossì e lo stomaco le si attorcigliò in uno spasmo di inquietudine riconoscendo in quell'uomo il suo "vero" datore di lavoro. Non l'aveva mai incontrato di persona, ne aveva solo visto le fotografie su qualche giornale di sport quando la notizia del nuovo campionato di Beyblade, organizzato dopo due anni di assenza e finanziato proprio da Hiwatari, era stata divulgata alla stampa.
Michi si rese conto di essere passata dalla padella alla brace, Hiwatari infatti sembrava essere arrivato nel momento più opportuno... per licenziarla.






Fine prima parte, continua...



Beyblade © Takao Aoki




N.d.A: Finalmente trovo il coraggio e il tempo di pubblicare il primo capitolo di questa breve storia che inizialmente voleva essere un'originale e si è poi trasformata in una fanfic dato che le idee si sposavano bene con gli elementi di alcuni personaggi di Beyblade. Una fanfic che voleva essere una songfic, ma che alla fine non ha trovato la canzone adatta.
Come avete visto siamo in un panorama possibile in cui Kai, ormai adulto, lavora nell'azienda di famiglia di cui il nonno è ancora il presidente. L'età del personaggio è quindi fra i 25 e i 30 anni.
Per eventuali delucidazioni su altri particolari, vi rimando al secondo capitolo, quello conclusivo della storia e che spero di pubblicare a breve. Specifico solo una cosa che potrebbe suonare strana in quanto uno scenografo sembra aver poco a che fare con la progettazione di uno stadio per gli incontri di beyblade. In primo luogo tale attività non necessita di strutture specifiche per le competizioni, salvo lo spazio per far ruotare le trottole, quindi anche una figura di tale livello può occuparsi dell'allestimento dello spazio, non necessitando di competenze strettamente specifiche. Uno scenografo è in grado di creare ambienti in tutti gli ambiti dello spettacolo, quindi... perché non l'ambiente di uno stadio per il beyblade? Ciò non toglie che sia poi compito di un architetto realizzare effettivamente un progetto con le giuste basi. Ecco il perché delle discussioni fra le due figure che per ovvi motivi spesso non trovano un punto d'incontro.
 
Continua nel capitolo:


 
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VOTO: (4 voti, 5 commenti)
 
COMMENTI:
Trovati 5 commenti
Rif.Capitolo: 1
dolcenikechan - Voto:
27/12/11 17:16
Bellissima l'ho letta e riletta e anche tante altre scritte da te ^-^ scrivi davvero bene complimenti! io ho scritto una fanfiction ma credo che faccia proprio pena (togli il credo Nda tutti)(hey era la prima volta che scrivevo g.g Nda Nike) Comunque se ti va passa a leggerla ciao ;)
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Rif.Capitolo: 3
kaiyoko - Voto:
10/02/10 13:44
Ma...ma come è finita?! ç___ç
Sì ok forse è meglio così, l'immaginazione farà il resto u.u mi è piaciuta un sacchissimo comunque e ti faccio i miei complimenti più sinceri! Aspetto qualche altra opera magari da parte tua ^^ sau
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gu-gu 04/02/10 23:29
Fantastica...Penso che continuando a leggere sara' ancora più splendida! aspetto un tuo aggiornamento...ci tengo perchè questa storia mi sta davvero appassionando =D
bRaVa
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Rif.Capitolo: 2
kaiyoko - Voto:
27/11/09 15:45
Anche a me piace *_* ma proprio un sacco! Scrivi benissimo! Spero continuerai presto.. baci
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Rif.Capitolo: 1
gu-gu - Voto:
04/11/09 19:28
=)Cariiinaaa... =D aggiorna presto che son curiosissima
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